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nonostante fossero politicamente agli antipodi, essi si amavano. E difatti don Carlo non soffrì processo per gli eventi del 1848, anzi potè continuare la pubblicazione della storia d’Italia e dei codice diplomatico longobardo alla stamperia reale, a spese di questa. Depose come testimone a favore di Saverio Barbarisi e di Pier Silvestro Leopardi nel processo del 16 maggio, e la deposizione fu resa in sua casa, come dice il verbale, al noto giudice Morelli, assistito da un cancelliere. In quel giorno trovava presso il Troja don Vito Fornari, e il Troja lo pregò di rimanere e di assistere all’interrogatorio. Eccolo originalmente:

Pag. 5'-6. — Il testimone Carlo Troya, udito sul tenore tanto di questa, che della 17a posizione a discarico, risponde uniformemente alle medesime, spiegando, che la riforma sulla Camera dei Pari era a quel tempo la bandiera dell’agitazione di tutto il Regno, e vi era il Zuppetta uno dei propugnatori. Che questa pretensione dell’abolizione della Camera de1 Pari, e il desiderio della Costituzione del 1820, col suffragio universale, erano volute e spinte innanzi, special mente nel Circolo installato in questa Capitale sotto il titolo del progresso, di cui ignora i componenti, nonchè il luogo dove si riuniva. Che intanto tutto il Ministero di allora, nulla curando le minacce, che da quel Circolo e dalle provincie venivano, di un movimento armato per deporto il Ministero, onde sostenere quelle pretese, sì tenne fermo ne’ suoi priucipii, ed il giorno 13 maggio sottoscrisse il decreto, portante la nomina de’ Pari. Che in conseguenza, col ritorno di Barbari» si trovò già compiuto quel fatto, a di cui sostegno era stato il medesimo colà inviato, e che si era determinato a spedirlo in quelle provincie, per aver saputo che il medesimo, come commissario di polizia in aprile 1848, avea più volte sedato dei disordini, che venivano minacciati nel caffè così detto di Buono. Che la precisa missione data dal testimone a Barbami fu quella di vegliare sulle mosse del Zuppetta, e presentare l’argomento de’ Pari, esortando di cessare dalle vie illegali e facendo delle petizioni al futuro Parlamento.

Che comunque da taluno fosse osservato non poter tal missione di Barbarie! riuscir proficua, per essere un commissario di polizia, tuttavia il ministero rimase fermo, pensando che lo stesso Barbarisi era stato eletto deputato da due provincia.

Pag. 21‘-22. — Troya depose avere conosciuto Leopardi, se non erra, nel marzo 1848, quando ritornò di Francia, ma non vi tenne altro discorso che in qualità di letterato. Che in seguito, dallo allora ministro degli astori marchese Dragonetti, fu Leopardi proposto per ministro plenipotenziario in Torino. Tutto il Ministero applaudì per la buona opinione che godea il Leopardi, e di fatti fu a tal carica nominato.

Bisogna notare che Saverio Barbarisi fu uno dei condannati a morte, e Pier Silvestro Leopardi all’esilio perpetuo.