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berale, rifuggiva dall’adoperare la forza materiale per rimettere l’ordine„. Ideologi e retori i ministri, e affatto idealista il presidente del Consiglio, ritenevano che il passaggio dal vecchio al nuovo regime si dovesse compiere con moderazione e saggezza. Rifuggivano dalle misure estreme, anzi da ogni atto di resistenza, e furono travolti dalla bufera del 16 maggio, che avrebbero dovuta prevedere ed evitare. Sarebbe bastato uno squadrone di cavalleria per spazzare Toledo nelle prime ore di quel giorno, come scrisse il Settembrini.

Ma il gran merito del ministero Troja fu quello di aver indotto Ferdinando II a mandare quindici mila uomini in Lombardia, e ad affidarne il comando a Guglielmo Pepe. I liberali avrebbero dovuto dar prova di senno, ma, tranne ben pochi, seguitarono ad agitarsi e ad agitare malamente. Mentre i reazionarii accusavano i ministri come traditori, affermando che la guerra di Lombardia era tutta a vantaggio di Carlo Alberto, i liberali parlavano anch’essi di tradimento e insultavano goffamente il re e la dinastia. Accuse, violenze e paure da una parte e dall’altra, e assenza di ogni azione governativa, produssero il 15 maggio. In quella triste giornata Carlo Troja era a letto, tormentato dalla gotta. Abitava alla Foresteria, nel pioooio appartamento al mezzanino sull’angolo verso il Grottone. Quasi tutt’i ministri e parecchi deputati di maggiore autorità si trovavano raooolti presso di lui e, fra questi, Domenico Capitelli, che poi fu presidente della Camera. I ministri Scialoja, Dragonetti e Conforti erano alla reggia, a supplicare il re perchè facesse cessare il fuoco e ritirare le truppe, uscite di caserma senza l’ordine del ministro della guerra; e quando vennero dal re bruscamente licenziati, corsero dal presidente del consiglio a rendergli conto della fallita missione. Furono momenti di estrema angoscia per tutti, e più per quel venerando uomo, che aveva sognata un’Italia indipendente, libera e saggia. D giorno innanzi, trascinandosi a stento, era andato alla reggia e narrava che, sopraffatto dalla gotta, si era buttato sopra un divano, mentre Ferdinando II sfogliava nervosamente i vocabolarii per trovare il significato di quella parola svolgere, che non fu piccolo pretesto dell’eccidio del giorno dopo. La sera del 16 maggio Carlo Troja non era più ministro. Gli successe il principe di Cariati, col Bozzelli, Torella e Ruggiero: larva di ministero co-