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studii storici compirono e rafforzarono in Carlo Troja il sentiunente dell’italianità. Per lui le vicende medioevali non erano così disordinate e confuse, come apparivano ai più; il Medioevo per lui non fu veramente che la lotta del romanesimo con la barbarie, la quale, prima vittoriosa, fu poi alla sua volta domata e romanizzata. Roma e il papato mantennero l’unità in quei caos di principii, di uomini e di cose, onde si venne via via formando una certa conformità di sentimenti e un po’ anche d’idee, in modo che nel secolo duodecimo, se non può riconoscersi ancora un popolo con carattere e lingua propria, non si distinguono più romani, nè longobardi; e se non usata dappertutto, è intesa quasi dappertutto la lingua volgare. La critioa storica ha oggi indebolite l’opinione di Troja circa la condizione dei vinti romani, riconoscendo che, in molti oasi, la sua buona fede venne sorpresa, specialmente da ecclesiastici, con carte e diplomi falsi; la stessa critioa ha trovato molto da ridire sul metodo da lui adoperato nell’esame dei documenti storici e sulle conseguenze che ne trasse, qualche volte fantastiche o arbitrarie; nuove scoperte hanno accresciuto il materiale, sul quale lavorò Carlo Troja: ma l’opera sua, per il tempo nel quale ai svolse, per la singolare erudizione e la portentosa memoria di lui, oocupa ed occuperà sempre uno del primi poBti nella storia della cultura nazionale.


L’uomo, che concepiva l’Italia come un’unità nel Medioevo, che di un’Italia parlava e una storia italiana scriveva, apparve, nel 1848, il più adatto a comprendere le alte necessità del momento, e a stare a capo di un ministero italiano, che costringesse Ferdinando II ad entrare decisamente nella via delle riforme politiche ed a prender parte alla guerra dell’indipendenza. Il Troja contava allora sessantaquattro anni ed era malato di gotta. Ciononostante, mise insieme il ministero del 3 aprile, composto di bravi nomini e di giovani audaci, i cui sentimenti d’italianità erano molto oaldi, ma nessuno dì loro aveva esperienza di governo, perchè tutti avevano fatta la loro cultura. politica sui libri. “Era par esso, il ministero, scriveva il Massari, 1 disarmato in faccia all’agitazione, ed essendo sinceramente li-

  1. I Casi di Napoli, dal 29 gennaio 1848 in poi. Seconda edizione riveduta e corretta dal prof. G. Orlandi. — Trani, V. Vecchi, 1895.