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Quando con un tratto di penna sotto la dittatura, il protezionismo venne abolito, queste poche fiammelle dell’industria napoletana si vennero via via spegnendo; e solo sopravvissero le poche fabbriche alle porte di Napoli, cioè le concerie di pelli e gli stabilimenti metallurgici, fondati da industriali stranieri, e la fabbrica di vetri al Granatello, fondata dal Bruno. Si difesero, anzi qualcuna rifiorì, come la fabbrica di vetri. Pietrarsa invece soggiacque a un destino avverso, e fu vergogna dei nuovi tempi, come si dirà più innanzi.


Il primo, che scrisse un serio lavoro a Napoli sul taglio dell’istmo di Suez, considerato in rapporto ai vantaggi possibili per il commercio napoletano, fa Guglielmo Ludolf. Il Lesseps avea publicato nel 1855 il suo famoso libro: Percement de l’istme de Suez, e nell’anno seguente il Ludolf, che certo avea tenuto presente quella pubblicazione, trattò nel Museo di scienze e letteratura lo stesso argomento, e quasi con identico titolo. Dopo avere accennato all’idea, che gli antichi avevano avuta, di congiungere il Mediterraneo al mar Rosso, e ricordato il commercio rimasto fiorente per l’Italia fino a quando il Mediterraneo fu la strada esclusiva per le Indie, lo scrittore napoletano passava a considerare sotto quali condizioni quest’antica strada, per il taglio dell’istmo, andava a riattivarsi, e come dovevano per necessità rifiorire in Italia la navigazione ed il commercio. Egli dava una statistica della marina mercantile de’ varii Stati italiani in quegli anni, notando che sopra un totale di 16 391 bastimenti italiani, il regno di Napoli ne contava 9174; e su 486 567 tonnellate, ne contava 213 197. Deduceva da ciò che i porti di Messina, di Palermo, di Cagliari e di Napoli, come i più vicini all’Egitto, sarebbero divenuti altrettante cospicue stazioni della strada delle Indie, mentre Genova e Venezia avrebbero raccolto il commercio della Germania e della Svizzera. Riteneva incalcolabili i frutti, che l’Italia meridionale avrebbe tratto dalla riattivazione di quell’antica strada delle genti; e notando che il regno delle Due Sicilie era uno Stato essenzialmente produttore e non consumatore, reclamava, in vista del nuovo e vastissimo orizzonte che si apriva agli scambi commerciali del mondo, la massima libertà dì commercio, Bellissimo studio, che levò molto rumore. Guglielmo Ludolf fu nominato in quell’anno incaricato d’affari in Baviera.