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vano la plebe, perchè la classe aristocratica dei facchini era quella, che scaricava merce al Mandraochio e carbon fossile al “Molo grande,,; e stimavasi buon posto e miglior fortuna il farne parte. Il commercio del carbone s’andava sempre più sviluppando, per il lavoro più attivo di Pietrarsa, e per gli opificii che aumentavano di numero. La casa Volpicelli teneva il primo posto in questo traffico, ed è ad essa che si ascrisse il De Sauna, la cui casa, in poco tempo, divenne importantissima. Ma era la gran dogana l’ambizione di tutti: colà si raccoglieva il commercio di minerali, manifatture, droghe, coloniali. Imbert, Aimè, e Leriche trattavano specialmente i prodotti chimici; Radice, le profumerie, e la haute du pavè era tenuto da’ Ceolini, da Jesu, da Caprile, da De Angelis; tutti grossi e ricchi importatori di oolonìali. Essi poi li spandevano nelle provincie ai numerosi loro clienti; e questi alla loro volta vendevano al minuto, con lucroso vantaggio, nelle piccole città, insieme alle candele votive, la cannella, il pepe, il rosolio, lo stomatico, la cera ed i confetti di Sulmona, duri come pietre.
Seguivano i mercanti di tessuti, fra i quali eccellevano Cosenza, Cilento, i fratelli Galante, Marasca, e i fratelli Palomba; e nell’articolo cotone, allora come oggi, dominava la più vecchia e rinomata casa estera forse del Regno, Wonviller, ora Asselmeyer. In lana negoziavano Porzio, Langensee, Buonanno, ed un tempo pure i fratelli Buono. Cosenza, Giovanni Porzio, ed altri parecchi tessitori del Salernitano depositavano ne’ magazzini della vecchia Napoli, dove maggiore era il conoorao de’ compratori dei vicini paesi, i tessuti più adatti ai maggiori bisogni ed alle non raffinate esigenze del mercato. Elescher forniva i legnami provenienti dal Nord, usati specialmente per antenne alle navi; ed insieme a questo era reputato buon commercio quello del legno da ebanista. Tali commerci, insieme a quelli della canapa, del Uno, della robbia, allora sì ricercata, erano appoggiati a tradizione antica, con clientele fatte fra grossisti, gente sobria e di spirito acuto, che traeva gran profitto del suo capitale con la vendita al minuto.
Erano ultimi i tradizionali mercatanti, che ingombravano le straduccie della Napoli d’altro tempo e specialmente i quartieri di Porto, di Pendino e di Mercato, con le caratteristiche botteghe, povere di rèclame e di luce, ma ricche di merce e di quat-