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della scienza, e la risposta data alla deputazione di Reggio lo rivela; ma al solito, non distinguendo perchè incolto, confondeva, in un solo biasimo, uso ed abuso. Dopo tutto però, non fu certo un gran male che mancassero banche popolari o elettorali, germinate dal Banco, imposture dei nuovi tempi e che furono cancrene dell’istituto e della pubblica economia. Anzi c’era un bene: le cambiali servivano esclusivamente al commercio, e le ammissioni allo sconto erano severissime, come si può vedere dai regolamenti.

Dal 1813 al 1861, cioè in quarantaquattro anni, sopra operazioni dì sconto e di pegno, che giunsero a settecentododici milioni dì ducati, pari a tre miliardi di lire italiane, cioè in media a circa sessantanove milioni all’anno, le perdite o sofferenze, come sì dice oggi, per cambiali inesigibili, nonchè le restituzioni di somme indebitamente riscosse e tutte le spese, delle quali non si voleva con chiarezza specificare l’indole, chiamate spese considerevoli, ascesero a 649 375 ducati, cioè, in media, a poco più di 60 000 lire all’anno. Bisognerebbe consultare il periodo dal 1861 ad oggi, per constatare la differenza spaventosa tra le perdite di allora e le presenti! Allora però contro i debitori morosi si procedeva con l’arresto personale, nel carcere della Concordia.

I beni dei debitori morosi, perchè era rigorosamente proibito al Banco di possedere immobili, si vendevano all’asta pubblica, ma non si potrebbe affermare che fossero sempre aggiudicati a prezzo giusto. La piaga degl’imbrogli nelle vendite giudiziarie è antica nel paese. Molte case furono acquistate a vil prezzo, da don Antonio Monaco, divenuto, da scrivano pubblico, uomo denaroso e amico del reggente. Il Monaco, che fu anche impresario del San Carlo, lasciò un cospicuo patrimonio, rappresentato quasi interamente da circa cento palazze ’e case.1 Parecchie case le acquistò pure don Andrea de Rosa, ricco assuntore di opere pubbliche, che compro e ricostruì il gran palazzo al Mercatelìo, che porta il suo nome. Sul conto del De Rosa correvano parecchie dicerie. Egli era di Afragola e da giovine aveva

  1. A Napoli, nel linguaggio dialettale, per dare maggiore importami alla proprietà edilizia, sì suole far precedere la parola palazzo alla parola casa, per far meglio intendere che il palazzo contiene parecchie case, ed è tutto posseduto da un proprietario; ai contrario di chi possiede, in un palazzo, un quartiere o quartierino, o piano, o bottega di esso.