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perne, anzi fu detto che nell’ultimo viaggio investisse una deputazione di cittadini di Reggio, i quali andarono a domandargli una succursale del Banco, con queste parole: “andate, volete rovinarvi con le cambiali; voi non siete commercianti; voi non capite niente„. Fin dai suoi tempi, il Medici intendeva aprirle in ogni provincia, ma nè egli, aè i suoi successori vi riuscirono mai nè miglior sorte ebbero i tentativi del D’Andrea e del Murena, quando il Banco aveva trenta milioni di ducati nel suo tesoro, e più di cinquanta milioni di titoli in circolazione, I municipii e alcuni intendenti insistevano, ma senza frutto. In quasi mezzo secolo, dal 1816 al 1860, non vennero istituite che due casse di corte a Palermo e a Messina, nel 1843, le quali, più tardi, con decreto 13 agosto 1850, quando la Sicilia acquistò l’autonomia amministrativa, furono staccate da Napoli e formarono il Banco regio de1 reali dominii al di là del Faro, e poi l’attuale Banco di Sicilia. Una sede fu aperta a Bari nel 1857. Chieti e Reggio non ebbero che una promessa nei primi mesi del 1860. Al re bastava che la circolazione delle fedi di credito fosse in tutto il Regno favorita dagli agenti finanziari! del governo, i quali, non solo le accettavano in pagamento delle imposte, ma le cambiavano con valuta metallica, e talvolta pagavano anche un aggio per averle, quando occorreva loro di far versamenti alta tesoreria centrale di Napoli. In tal modo risparmiavano le spese ed evitavano i pericoli dei trasporti di moneta. Eppure, nonostante che la tesoreria, la cassa del re, le province, i comuni, i luoghi pii ed ogni altra pubblica amministrazione, i banchieri, i commercianti e tutti usassero largamente delle fedi di credito, il servizio d’emissione e quelli più importanti di anticipazione e di sconti esistevano solo in Napoli, Ferdinando II faceva mostra di provvedere di tanto in tanto con decreti da burla, ai bisogni del commercio, dell’industria e dell’agricoltura. Dico da burla, perchè rimanevano ineseguiti. Dei suoi ultimi consiglieri, il Murena e il Bianehini si sarebbero spinti più innanzi, ma non osavano far cosa che il re non volesse; e il re, temendo sempre che dalle novità economiche si scivolasse nelle politiche, consentiva i decreti, ma poi se ne pentiva e quelli rimanevano lettera morta. Senza avere alcuna cultura bancaria, intuiva gli effetti dell’abuso del credito. In lui la perspicuità meridionale teneva il posto