Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/299


— 277 —

cessivo, dove manca la cosoienza del diritto, dove si avvicendano le più nobili aspirazioni del viver libero coi raffinamenti e le goffaggini della servitù, e dove mancavano coraggiosi cittadini, perchè mancavano le condizioni adatte a formarli.


Fra le amministrazioni più corrotte e corruttibili, primeggiavano, oltre la polizia, le amministrazioni provinciali, i cui infimi impiegati requisivano nei comuni sempre a titolo gratuito ogni sorta di commestibili, fin il sale; le dogane, gli uffici delle contribuzioni dirette, dei ponti e strade, delle acque e foreste. Ai funzionarii di queste amministrazioni, quando si presentavano nei comuni per ispezioni o verifiche, si era soliti regalare collettivamente un così detto caffè, cioè qualche diecina di ducati, per evitare angherie e soprusi, o per ottenere che ad angherie e soprusi si mettesse fine, o per crearne altri a danno dei nemici.

Ferdinando II poteva decretare che si gettasse un velo sulle nudità delle statue nei musei, e che le ballerine in teatro fossero coperte di maglie lunghe e dai colori meno atti ad eccitare i sensi, ma non impedire che gli eccessi del suo governo divenissero fonte inesauribile d’illeciti guadagni, rappresentanti un sistema tributario non contemplato dalle leggi. Innumerevoli sarebbero gli aneddoti a tal riguardo. Passaporti, licenze e permessi in genere, attendibili e studenti: ecco la materia imponibile. Udite questa, ch’è caratteristica. Gli studenti di Calabria e di Basilicata prendevano la ferrovia a Nocera, nella cui stazione, andando a Napoli, i viaggiatori dovevano passare per una porta, innanzi alla quale era piantato un feroce, che, sapendo appena sillabare, doveva far l’esame dei passaporti. Chi era avvezzo a simili controlli, insieme al passaporto metteva cinque grana o un carlino nelle mani del birro, il quale, senza aprire la carta, dichiarava tutto in regola. Ma chi non conosceva l’uso, andava soggetto a un comicissimo e implacabile sindacato. Il birro fingeva di leggere, ma squadrava con aria indagatrice lo studente e poi, puntando l’indice della mano destra sul passaporto, gli diceva: “questo non è il vostro naso„; e poi: "questi non sono i vostri occhi„, e così continuava minacciando, finchè quello, comprendendo il latino, non lasciava scivolare la mancia nelle mani del feroce che, ripiegato il passaporto, lo rimetteva al titolare con le parole: "passate, tutto