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enfatico discorso il giovane sottintendente Andrea Calenda, poi prefetto del regno d’Italia e senatore, Quella di Molfetta io la ricordo. Venne fatta non nella cattedrale, ma nella parrocchia di San Gennaro, prossima all’ufficio telegrafico. Dal pergamo il giovane canonico Giovanni Panunzio, allora nei fiore di una vita che non ebbe mai posa, recitò un discorso che non ho dimenticato attraverso tanti anni: tutto fatto ad immagini e riboccante di fede nel progresso. Erano presenti il sindaco, i decurioni, il capo urbano don Giacinto Poli, il console austriaco Ignazio Fontana e il vescovo, monsignor Guida, circondato dal capitolo della cattedrale e da tutto il seminario, alunni e professori. Panunzio era uno di questi. La festa di Molfetta ebbe importanza speciale, perchè il re e la Corte erano a Bari, dove, cinque giorni prima, venne celebrato il matrimonio del duca di Calabria; e Molfetta, che invano aveva atteso il re nell’andare, l’attendeva nel ritorno, per cui era stato costruito sulla spianata detta del Calvario, un arco trionfale che portava scritto sul frontone: Al Re Ferdinando II, la devota Molfetta.


I francobolli postali furono istituiti con un decreto del re, in data 9 luglio 1867, controfirmato da Troja e da Murena, decreto che imponeva l’obbligo di affrancare giornali e stampe, ma quanto alle lettere e ai plichi era in facoltà di chi li spediva pagare lui la spesa, applicandovi i francobolli, o farla pagare al destinatario, inviando la lettera o il plico senza affrancarli1 Il bollo si annullava con un timbro nero, che portava impressa la parola: annullato. Furono create sette specie di francobolli, da mezzo grano, da 1, da 2, da 6, da 10, da 20 e 50 grani. Nell’interno del Reame ogni lettera di un foglio era soggetta ad un bollo di due grani; ogni lettera, nella stessa città, ad un grano. Lo stesso decreto stabiliva pure tre spedizioni postali per settimana nell’interno, e sei per Terracina, cioè Stato pontificio. Disponeva, infine, che oltre i procacci attuali (piéton) sarebbe stabilito un piéton en poste, che partirebbe una sola volta la settimana da Napoli a Lecce, da Napoli a Teramo, da Napoli a Campo basso e viceversa.


  1. I. B. Moens, Timbres de Naples et de Sicile; Bruxelles, au bureau du journal Le Timbre Poste, 1877. Libro raro, perché tirato in soli 108 esemplari su carta d’Oianda.