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si sa che la cerimonia si compì non a Sarno, o a Brindiai, ma sulla strada dell’Arenaccia presso la chiesa della Madonna delle Grazie, in un apposito recinto, con tutt’i particolari lirici e ingenui della cerimonia.1 Monsignor Carbonelli, delegato dal cardinal arcivescovo, benedisse la prima pietra, che fu anche l’ultima. Incalzavano le cattive notizie. I sottoscrittori delle azioni si rifiutavano a pagare le quote allo scadenze; e i primi a darne l’esempio furono quelli di Foggia, perchè, cosa naturalissima, ma non abbastanza preveduta, essendo pugliese il Melisurgo, le maggiori avversioni contro di lui erano nelle Puglie, proprio là dov’egli contava raccogliere il maggior numero dei suoi cinquantacinquemila azionisti immaginarii. L’invidia, piaga organica e incurabile della razza, ispirava quelle opposizioni. Come mai, si diceva, un ingegnere barese era improvvisamente salito così in alto, e divenuto uno dei maggiori personaggi del Regno? E qui dicerie calunniose da parte dei suoi conterranei, nel tempo stesso che cercavano di accapparrarsene il favore! In Corte seguitavano a chiamarlo il giacobino, insinuando sospetti o malignazioni o ricordando i fatti del 1848. Non è dunque maraviglia che, sul finire del 1855, della impresa sorta fra tante illusioni e poesie, non rimanesse più nulla, altro che una selva di piati giudiziarii, non ancora finiti, e nove fasci di scritture relative a quell’affare nel grande archivio di Napoli!
Il Melisurgo era in buona fede. Egli si augurava che in ogni caso, quando tutto fosse andato a male, avrebbe aiutato il governo, ma s’ingannò. Fosse paura o pentimento, Ferdinando II fece decadere egualmente la concessione della ferrovia dell’Abruzzo, accordata al barone Panfilo de Riseis nell’anno istesso. Dietro al De Riseis si assicurava che fossero i banchieri Meuricoffre, Forquet, Giusso e Iggulden; e che Rothschild avesse accettato di entrare nella combinazione, anzi di essere il garante degli azionisti; che insomma si era assicurato tanto danaro, dicevasi, che la soscrizione si sarebbe fatta solo per formalità. Oltre alle case bancarie su riferite, il concessionario De Riseis si aveva assicurato il concorso del principe di Torella, del barone Bonanni, del procuratore generale Falconi e anche di Alessandro Nunziante
- ↑ Vol. III, documenti,