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cola Capuano, li affissero e rifiutarono i sei ducati, che il Comitato offrì loro per compenso. La circostanza che la regina si era sgravata in quei giorni di un altro maschio, al quale fu dato il nome di Gennaro Maria, aggiungeva verosimiglianza alla cosa, e più verosimili ancora parevano i consigli della Francia e dell’Inghilterra. Quando la polizia ebbe l’ordine di strappare quei decreti, respirò; ma, per quanto facesse, non riusci ad appurare l’autore della burla, nè i suoi complici, i quali dettero prova davvero di grandissima audacia. Il Re, informato della cosa, ne rise sulle prime; ma si turbò quando, avuto tra le mani uno di quei decreti, vi lesse l’articolo secondo: “Richiamiamo in vigore la Costituzione del 10 febbraio 1848, da noi sinceramente giurata sul Vangelo„.


L’altro avvenimento, col quale si chiuse l’anno, fu eccezionalmente luttuoso. Nella notte dal 16 al 17 dicembre, alle ore 10,10, secondo venne accertato dal direttore del R. Osservatorio astronomico di Capodimonte, Leopoldo del Re, si sentirono a Napoli due scosse di terremoto. La prima durò quattro secondi e, dopo due minuti, fu seguita da un’altra di maggiore intensità, che durò 25 secondi: tutt’e due ondulatorie, nella direzione dal sud al nord. Lo spavento fu grande; però non si ebbero a deplorare vittime, nè danni. Ma quel che la Provvidenza risparmiò a Napoli, dove perciò si resero solenni grazie a San Gennaro e, in segno di riconoscenza, l’anno dopo, ricorrendo il doloroso anniversario, una lunga processione percorse la strada che da Santa Maria in Portico mena a Piedigrotta, non fu risparmiato alle provincie. Il terremoto vi fece vittime numerose; rovinò e distrusse gran quantità di edifizii pubblici e privati; spianò al suolo alcune terre; e, non ostante i tridui e le novene di tutto un popolo esterefatto, si ripetette con scosse più o meno forti sino al marzo del 1858. Le prime notizie, che giunsero a Napoli dalla provincia di Salerno, furono spaventose; ma più gravi ne vennero, poco dopo, dalla Basilicata. Restò celebre, e fu la nota comica in tanta tragedia, il dispaccio telegrafico da Bari che, per interrotta trasmissione, diceva: "Gli abitanti in gran parte si sono ....„ Il re non si mosse, come aveva fatto nel 1851, quando fu distrutta Melfi; ma ordinò che le autorità lo tenessero informato d’ogni cosa, recandosi sui luoghi dove il flagello aveva fatte più vittime;