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Francia e d'Inghilterra, e volendo come per lo passato secondare i moti del Nostro cuore paterno, abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto segue:
Art. 1. Accordiamo piena amnistia per tutti i detenuti politici giudicati o giudicabili.
Art. 2. Richiamiamo in vigore la Costituzione del 10 Febbraio 1848, da Noi sinceramente giurata sul Vangelo.
Art. 3. Il Nostro diletto Figliuolo il Principe ereditario, è nominato Vicario Generale del Regno.
Art. 4. Saranno immediatamente convocate le Camere chiuse.
Art. 5. Il Ministro Segretario di Stato, Presidente del Consiglio dei Ministri, è incaricato della esecuzione del presente Decreto.
- Caserta 28 febbraio 1857.
Firmato, FERDINANDO.
Il Miniatro Segretario di Stato delle finanze — firmato, S. Murena.
Il Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia — firmato, G. Cassisi. |
Il Direttore del Ministero e real segretario di Stato dello interno — firmato, L. Bianchini. Il Ministro Segretario di Stato Presidente del Consiglio de' Ministri — firmato, Ferdinando Troja. |
(Dalla Stamperia Reale). |
Possono bene immaginarsi le varie impressioni di chi leggeva. Un ispettore di polizia, letto il manifesto alla cantonata dei Fiorentini, si cavò il cappello e invitò gli altri a fare altrettanto e a gridare: viva il re. Furono due ore di confusione estrema, perchè la polizia, tratta anch’essa in inganno, non osava staccare i decreti, nè li staccò se non quando ne venne l’ordine dal ministero, anzi addirittura da Caserta, perchè il re era a Caserta. E in quelle due ore la baldoria fu grande, e tutti gridavano: Costituzione, Costituzione, e gli agenti erano paralizzati e parecchi atterriti. Il conte di Gropello ne face argomento di un suo rapporto umoristioo al governo di Torino.
La burla non poteva meglio riuscire. Michelangelo Tancredi, che ne fu l’autore, si era procurato dalla stamperia reale parecchie copie di decreti in bianco e aveva fatto comporre, in caratteri e carta pressochè simili, il contenuto del decreto; e poi, con l’aiuto di pochi e fidi amici, aveva incollati i pezzi con tanta arte che non era possibile distinguere, a primo aspetto, che quello fosse un decreto apocrifo, perchè autentiche eran la testata, il bollo, le firme del Re e dei ministri. La mattina alle sette alcuni facchini della dogana, reclutati dai fratelli Carlo e Nic-