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reva inverosimile, perchè tutti chiedevano in Corte. Cocchiere particolare del re era Vincenzo Carotenuto, notissimo col nome dialettale di Vicienzo, e a cui successe il figlio Giovanni, morto nel marzo scorso quasi novantenne nelle vie di Napoli. L’intimità del re col suo cocchiere non era punto simile a quella che aveva per il Criscuolo suo marinaro, ma sempre improntata a borbonica cordialità. S’è esatto quanto riferirono i giornali di Napoli alla morte dell’ultimo Carotenuto, questi avrebbe detto, prima di spirare, molte sciocchezze, come quella di aver condotto da Bari a Napoli gli sposi Francesco e Maria Sofia, confondendo nomi e creando circostanze e date.


Il marchese don Michele Imperiale era cavaliere d’onore della Regina, la quale aveva per dama d’onore la principessa di Bisignano; per cavallerizzo, don Onorato Gaetani, e per dame di compagnia, la duchessa d’Ascoli e la marchesa di Monserrato. Figuravano, fra le dame di Corte, le principesse di Paternò, di San Nicandro, di Linguaglossa, di Satriano, di Pandolfìna, di Piedimonte, di Palazzolo, di Sant’Elia de Gregorio, di Cajanello e della Scaletta; le duchesse di Serracapriola, di Ascoli, di San Cesario, di Belviso, di Adragna; le marchesse Della Guardia e Di Alfano; la contessa Statella dei marchesi di Salsa, Grifeo e dei principi di Catena, e De la Tour, donna Luisa de Sangro. Queste dame, negli ultimi anni del regno di Ferdinando II, non prestarono servizio quasi mai. Maria Teresa aveva da principio cameriste e donne di camera per il suo servizio, ma cameriste non ne ebbe più, negli ultimi tempi. L’amministrazione della Casa Reale aveva tre ripartimenti, un archivio centrale, una controlleria, una vedorìa e contadorìa, una tesoreria, una tappezzeria e una biblioteca privata tutto ordinato a sistema spagnolo. Era direttore della biblioteca il marchese Imperiale di Francavilla; capo della tappezzeria, il barone Falco il quale, essendo morto il 23 maggio del 1859, si disse ucciso dal dolore par la fine del Re che il giorno avanti era spirato. Gli successe il signor Francesco Oli. Era tesoriere il conte Forcella; vedore, don Ferdinando Scaglione; controllore, don Antonio Fava; archivista, don Raffaele Benedetti e capi di ripartimento, Cheli e Rossi.

Sopraintendeva a tutti, nella sua qualità di maggiordomo maggiore, il principe di Bisignano. Erano medici di Corte, Ro-