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de avvenne che, morto lui, il Regno si trovò senza alleati, senza amici e finì in pochi mesi. La fatale illusione di Ferdinando II che l’accompagnò per tutta la vita, e fu il credere di non dover morire mai. Lo ripeto, peroh’è la verità.

Tra i fratelli del re non si potrebbe affermare che regnasse la maggiore concordia. Il principe di Capua, don Carlo, viveva lontano dal Regno, in una specie di esilio, del quale non si seppero mai le ragioni intime. Don Leopoldo, conte di Siracusa, viveva appartato dalla reggia, nel suo bel palazzo alla Riviera, coi suoi amici, dei quali si è parlato, protettore di artisti ed artista egli stesso, arieggiente Lorenzo il Magnifico. Esegui pregevolì lavori di scultura, fra i quali il monumento a Vico, al quale lavorò col Liberti, col Masullo e con l’Angelini: monumento serio e decoroso, forse il migliore che abbia Napoli, e da lui donato al municipio e inaugurato nel 1860, pochi mesi prima della catastrofe borbonica. Come scultore, il conte voleva forse lasciar credere più che non fosse, ma di certo aveva talento. La sua vita era interamente mondana, forse un po’ dissoluta, come affermarono i suoi nemici. Politicamente accentuava il suo liberalismo, biasimando gli atti di governo e manifestando le sue antipatie e anche il disprezzo per gli nomini, che avevano la fiducia del re, suo fratello. Accentuava la sua amicizia con l’incaricato di affari della Sardegna, e nella guerra, di Crimea le sue simpatie e quelle dei suoi amici furono manco a dirlo, per le armi alleate. Il giorno in cui, non senza qualche ostentazione, le navi sarde che portavano le truppe in Crimea passavano a vista di Napoli, a bandiera tricolore spiegata, disse ad alcuni intimi, che erano con lui sulla loggia del palazzo: il principio scritto su quella bandiera toccherebbe a noi di rappresentarlo. Giovanni Barracco ancora se ne ricorda. Si cercò di spiegare le sue simpatie per il Piemonte col fatto che egli aveva in moglie una principessa di Savoia Carignano. Non lo credo. Il matrimonio di don Leopoldo, sterile di figliuoli, non fu più felice di quello del fratello con Maria Cristina. La contessa di Siracusa era un misto di bigotteria, di apatia e di curiosità infantile, onde riusciva supremamente noiosa agli amici del marito. In una lettera di Cesare Casanova al ano cognato Antonacci, del luglio 1866, si legge questo umoristico brano “Sua Altezza