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sa, che portava ricche gioie, disse, per tutto complimento, che avrebbe voluto possedere quelle gioie! Morto Ferdinando II, monsignor de Simone lasciò la corte, e andò a vivere presso una sua nipote. Non seguì i Borboni a Roma, e morì nel 1865, arcivescovo titolare di Eraclea.

Ferdinando II non amò nessuno, com’è regola di ogni principe regnante. Non si oppose all’esilio di monsignor Cocle, creduto l’arbitro del suo cuore, e per Carlo Filangieri, che gli riconquistò la Sicilia, ebbe più gelosia che riconoscenza. Quando giungevano da Palermo i dispacci del luogotenente, diceva a Corsi o a Zezon: Sentiamo che scrive Re Carlo. Filangieri, dal suo canto, gli aveva posto il soprannome di muro liscio, nel senso che non era possibile attaccarvi chiodo. Tranne per la sua famiglia, egli non dimostrò profondo e durevole affetto chicchesia. Se in varie occasioni, dimostrò tolleranza per molti di coloro che gli stavano vicino e, più volte, chiuse gli occhi per non vedere, non fu effetto di particolari preferenze, nè di malintesa bonarietà, ma invece della convinzione che non vi era rimedio. Migliore della sua fama e forse il migliore della sua famiglia, se non lo avesse dominato la paura, il suo programma di rigenerazione economica del Regno, di cui ebbe un lampo negli anni 1856 e 1856 Il programma non fruttò che l’apertura di una sede del Banco di Napoli a Bari, ed alcuni fili telegrafici e poche bonifiche in Terra di Lavoro e nelle provincie di Salerno e di Puglia, e pochissime strade e ponti. Le concessioni ferroviarie finirono in canzonatura. Sopra un bilancio complessivo di circa trentasei milioni di ducati, ne erano assegnati poco più di tre ai lavori pnbblici, e non si spendevano neppure tutti!

I fervori religiosi di lui crebbero in maniera inverosimile dopo l’attentato di Agesilao Milano. Non contento di largheggiare in elemosine alle chiese, nè soddisfatto che un nuovo tempio venisse eretto in ringraziamento dello scampato pericolo e fossero pur costruite altre chiese nel Regno, e nuove case religiose nelle vicinanze di Napoli, Ferdinando II volle accrescere i privilegi degli ecclesiastici e dei frati, ne’ suoi dominii. Nel luglio del 1858, concesse al padre Francesco Saverio da Santeramo, ex provinciale dei Cappuccini, che nella regia tipografia si ristampassero gratuitamente le istituzioni teologo-polemiche del