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la partenza dei due diplomatici era resa grave dalla simultaneità che rivelava un partito preso, il Re lo interruppe bruscamente, e per alcuni giorni non gli rivolse la parola. Temeva Zezon di essere licenziato come Corsi, ma non fu così. Dopo qualche tempo il re, tornando buono con lui, gli disse: "Tieni a mente che le osservazioni, le quali dispiacciono, non si fanno„. Egli aveva bisogno d’illudere sè stesso; lo seccava la pubblicità e lo irritavano le accuse della stampa liberale del Piemonte, di Francia e d’Inghilterra. Non riconosceva in nessuno il diritto di ficcare il naso nelle faccende del suo Regno, che considerava come cosa propria. Certo avrebbe desiderato che quello stato di tensione, che originava le accuse, cessasse, ma il mezzo? Non lo vedeva, nè, dato il suo temperamento e l’indole dei suoi sudditi, mezzo concludente vi era. Aprir le prigioni e riconcedere la Costituzione, era tornare al 1848 ed anche peggiorato; aprir le prigioni e mandar tutti i prigionieri per il mondo, era accrescere i pericoli per un altro verso; impossibile abdicare, non facendo egli alcun conto del figliuolo, giovanissimo, e non essendo le abdicazioni tradizionali nella sua casa. A Giovanni Cassitto appaltatore delle dogane e delle privative, direttore generale delle saline, e appaltatore inoltre delle forniture militari di terra e di mare, chiese sulla fine del 1858 un parere circa le crescenti agitazioni politiche d’Italia e sulla prevalenza delle idee liberali in Europa. Il Cassitto gli rispose che sarebbe stato forse opportuno concedere qualche libertà; e il re: Giovannino, i miei popoli li conosco bene; se gli dai tanto, si prendono tutto. Il Cassitto era persona di sua fiducia, da lui favorito con lucrose concessioni, ma sull’animo del sovrano non esercitava alcuna influenza, come nessuno potè vantarsi di averne esercitata mai, tranne la sua seconda moglie!

L’uomo era così fatto. Eccetto qualche ministro e qualche direttore, non aveva intorno a sè gente che valesse moralmente più di lui. L’unico, Carlo Filangieri, era tenuto lontano. Come tutti gli uomini incolti, che assai presumono di sè, mal tollerava la compagnia delle persone colte, e tutto ciò, che l’obbligava a non parlare il suo favorito dialetto, lo infastidiva potentemente perchè il suo pensiero non trovava più fedele manifestazione che nel linguaggio dialettale, e il suo italiano era la traduzione di quello, e però non spontaneo, nè arguto, nè