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del quale si è fatto cenno, e l’altro non meno compromettente di suo nonno, pur di nome Francesco Saverio, assassinato dai sanfedisti nei giorni torbidi dell’occupazione francese. Attanasio Dramis, sul quale cadevano maggiori sospetti di complicità, perchè fu trovato una lettera di lui nello zaino del Milano, fu arrestato a Salerno immediatamente. Vennero espulsi dal corpo dei cacciatori cinquantasette fra sottoufficiali e soldati, quasi tutti calabresi, e tratti in arresto due soldati dello stesso corpo, uno dei quali, nativo di San Giorgio e però albanese, era stato compagno di Agesilao nel collegio. Si chiamava Giuseppe Mendicini. Era soldato di leva e figlio di un noto borbonico. L’altro, nativo di Grottole di Basilicata, si chiamava Vitangelo Tangor. Erano compagni di caserma e intimi. Il Mendicini frequentava la casa del Nociti, e una volta vi condusse il Tangor, e un’altra volta vi trovò il Milano, e altri studenti e amici. Che si facessero in quelle adunanze discorsi liberali, è ben verosimile, ma non si ordivano cospirazioni, e assai meno si ordì quella di ammazzare il re. Forse quelle riunioni non sfuggirono alla polizia, anche perchè il Mendicini era di una loquacità compromettente. Ricorda il Tocci che, un mese prima dell’attentato, tornando dalla villa dei baroni Campagna, s’incontrò nel Mendicini, che gli disse: abbiamo parlato tanto dite in una riunione che tenemmo in casa di Nociti, dove intervenne anche Agesilao ed abbiamo trattato di cose politiche. E il Tocci: e lo spirito della truppa qual1 è? E lui: ottimo. Ma il Tocci non ne riportò una seria impressione, tanto gli parvero inconsistenti quelle vanterie.
Il De Spagnolis, che dirigeva il movimento inquisitoriale e che si abbandonò ad ogni sorta di ribalderie, credette di trovare in questi due soldati, ignorantacci e privi di coscienza, degli strumenti utili per strappare rivelazioni anche immaginarie; e dopo averli arrestati e impauriti, li blandì, promettendo loro premii da parte del re, o minacciando severi castighi; e così ottenne denunzie, le quali provocarono altri arresti. Vanno ricordati quelli di Giuseppe Marchianò, di Domenico Francalanza, di Orazio Rinaldi, di Domenico de Stefano, d’Igino Mirarohi, e di tre preti notissimi a Napoli, don Lorenzo Zaccaro, di cui si è parlato; don Stanislao Marohianò, che fu nei nuovi tempi bibliotecario della Brancacciana, e don Antonio Graditone. Questi due erano albanesi, ma di essi solo il