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dissero pure che egli fosse a parte della congiura del Milano e di questo volesse la morte, per paura che il regicida parlasse. E il De Sivo lo insinua, perchè per lui e per quanti rimasero fedeli ai Borboni, Alessandro Nunziante fu l’uomo più abbominevole della sua età. Vero è che Nunziante e Lecca parlarono con Agesilao dopo l’attentato, ma basterà osservare che Nunziante era comandante dei cacciatori, ai quali apparteneva il regicida, e il generale Lecca era albanese di origine. Il Nunziante non aveva tanto potere, da imporre ad Agesilao il silenzio e al re il rifiuto della grazia. Io escludo in modo assoluto che Nunziante fosse a parte del segreto del Milano o che, peggio ancora, ne armasse il braccio. Ma l’opinione opposta rimane ancora radicata nella testa dei vecchi borbonici, i quali pretendono rintracciarne la causa, che sarebbe stata questa. Nel febbraio del 1855 era morto l’imperatore Niccolò di Russia, già ospite a Napoli di Ferdinando II, cui regalò i due famosi cavalli di bronzo. Il Re scelse Nunziante per rappresentarlo alla incoronazione del nuovo Czar, che ebbe luogo nell’agosto del 1856. Passaporto, credenziali, ordini cavallereschi e doni da distribuire, tutto era ordinato e disposto, e Nunziante riceveva i rallegramenti per questa nuova missione di fiducia; ma all’ultim’ora, si disse per opera della Regina, l’incarico di andare in Russia gli fu tolto e dato al colonnello svizzero Steiger. Di questo il Nunziante fu così offeso, che da quel giorno, mi scrive persona che conosceva lo Steiger ed era nell’esercito, appartenne alla rivoluzione anima, corpo e onore. E avvenuto l’attentato, quattro mesi dopo, i nemici di lui crearono la doppia leggenda. Certo il Nunziante non subì in pace l’oltraggio, e suscettibile com’era, dev’essersi sfogato con contro il re che glie l’aveva inflitto. Fin qui è verosimile e umano; di là, no. Finchè visse Ferdinando II, idee di liberalismo o di voltafaccia non passarono mai per la testa di quell’uomo, e molto meno poteva passar quella di far ammazzare il re: i cortigiani, d’altra parte, usavano la tattica di non far risalire mai al re la responsabilità di tutto ciò che era odioso e commoveva il sentimento pubblico.


Pochi giorni dopo l’attentato fu destituito per telegrafo il mite intendente di Cosenza, Aochille Landi, per aver permesso che Agesilao sostituisse il fratello Ambrogio nella milizia, e destituito