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e ministro degli esteri, ma del segretario generale conte di Salmour.1 È notevole l’insistenza del Gropello nel consigliare l’intervento diplomatico della Francia e dell’Inghilterra per trarre il re e il governo di Napoli dalla falsa via nella quale si erano cacciati.


Agesilao Milano fu impiccato la mattina del 13 dicembre; e l’esecuzione, preceduta dalla solita questua delle sante messe, fu così lunga e lugubre, che strappò le lacrime a molti e lasciò nei soldati incancellabile impressione. Egli cappellano militare che l’assisteva, di non essere un assassino, di non aver complici, secondo il Gropello, baciando il crocifisso e ripetendo le parole: viva Dio, la religione, la libertà e la patria.2 Si disse che il Re inclinasse a far la grazia al Milano, e ne fosse distolto dal partito militare, soprattutto dal Nunziante; ma la cosa non è verosimile, perchè Ferdinando II aveva natura vendicativa, non era facile alla commozione e l’attentato sul campo di Marte lo impressionò così dolorosamente, che da quel giorno non stette più bene. Vero è che in Corte si diffuse la voce che il re volesse far la grazia al Milano e che, nella mattina dell’esecuzione, fosse stato visto piangere. Anzi fu affermato che in anticamera giungesse la voce di Raffaele Criscuolo, il quale, con la consueta familiarità, lo ammoniva così: "Ma se v’aveva da dispiacè tanto, potevate fa a grazia a ’o calavrese: site vui ca cummanate„.3 La domanda di grazia ci fu e la presentò al Re l’avvocato don Giocondo Barbatelli, il quale aveva ufficiosamente difeso il Milano, perchè tre dei maggiori avvocati penali vi si erano rifiutati. Quella domanda, molto caratteristica, si trova oggi nell’archivio privato di casa Scaletta e si chiude cosi: "Giocondo Barbatelli, difensore ufficioso di Agesilao Milano, al piè della M. S. le bacia affezionato e devoto la mano„. Il Re la respinse, anzi non volle neppur ricevere il Barbatelli, che più tardi, mutati i tempi, fu consigliere comunale di Napoli, grande elettore del Sandonato e grande cacciatore di quaglie. I nemici del Nunziante, che lo fecero segno ai più nefandi sospetti dopo la sua condotta nel 1860, dissero pure che egli fosse a parte della congiura del Milano e di questo volesse la morte, per paura che il regicida parlasse. E il De Sivo lo insinua, perchè per lui e per quanti rimasero fedeli ai Borboni, Alessandro Nunziante fu l’uomo più abbominevole della sua età. Vero è che Nunziante e Lecca parlarono con Agesilao dopo l’attentato,

  1. Vol. III, documenti.
  2. Id. id.
  3. Ma se vi doveva dispiacere tanto, potevate fare la grazia al calabrese; siete voi che comandate.