Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/229


— 207 —

bilissimo della persona, con sguardo penetrante e piccoli baffi, sedette due altre volte accanto a me nella sala di lettura della biblioteca borbonica, oggi nazionale. Quel giovane leggeva anche un volume lodino, e cestiva l’uniforme dei cacciatori di linea. Era Agesilao Milano„.

In Napoli si trovò, forse senza volerlo, in un ambiente potrei dire politico, per il fatto che il Nociti e il Falcone erano amici di Giuseppe Fanelli, ardente mazziniano; e in casa del Falcone, che abitava due camerette a un sesto piano di via Forno Vecchio, si riunivano parecchi giovani albanesi e calabresi, tutti smaniosi di tempi migliori, tutti sognanti la redenzione del Regno, le cui miserie erano tante e ben note a lui, Agesilao, che n’era una vittima. Tutto ciò concorse di certo a determinare la risoluzione temeraria. Visto che non vi era altro da fare, tornò verosimilmente ad accarezzare la vecchia idea che, tolto il re di mezzo, sarebbe assicurata la felicità dei popoli, e che tanta gloria fosse riserbata a un albanese, a un discendente di Scanderberg, ad uno che portava il nome eroico di Agesilao. Gli parve supremamente glorioso votarsi alla morte; e mentre gli altri si perdevano in chiacchiere, egli solo affrontare il re alla lnoe del sole, sul campo di Marte, innanzi all’esercito e al popolo: il re armato e a cavallo, e mandarlo tragicamente all’altro mondo! Tanto bastò per montargli la testa e fargli perdere la visione della realtà. Non fu regicida volgare, no; e nei cinque giorni che visse dopo l’attentato, non ebbe un sol istante di smarrimento o di pentimento: punto commozioni, punto iattanze. Solo disse e confermò ch’egli aveva tentato di ammazzare il re, per fare la felicità dei popoli, nè disse altro sotto i dolori della tortura, alla quale fu sottoposto per ottenere rivelazioni. È pure da notare che nei mesi, i quali corsero dalla venuta di Agesilao a Napoli, all’attentato, parve ridestarsi la coscienza dei liberali per effetto del Congresso di Parigi, delle lotte diplomatiche fra il governo borbonico, la Francia e l’Inghilterra, la partenza trionfale dei ministri di queste due potenze nel novembre dello stesso anno, e i maggiori rigori della polizia a Napoli e nelle provincie. Anche tali circostanze potrebbero avere contribuito; ma cospirazione, ripeto, mancò, perchè mancavano serii elementi cospiratori, come si vide l’anno dopo nella tragica spedizione di Sapri. Si riferì pure che Agesilao dicesse o scrivesse che un giorno o l’altro si sa-