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nazione un po’ bizzarra, si chiamava dei "brigadieri„ come se la flotta si dividesse in brigate, a somiglianza dell’esercito. Questo grado corrispondeva ai commodori di altre marine militari. Erano allora brigadieri Ferdinando Pucci, che comandava il dipartimento marittimo di Castellammare e i cui figliuoli entrarono nella marina italiana e Carlo Chretien, passato anche lui nella marina italiana, il quale nel 1857 era presidente della commissione per le prede. Vi erano due istituti per la marina: il real Collegio di marina e una scuola per gli alunni marinari e dei grumetti.

Uscivano dal primo ufficiali e ingegneri costruttori, e gli alunni non potevano essere più di quaranta: quindici a piazza gratuita e venticinque a pagamento; uscivano dalla seconda piloti, sottufficiali, cannonieri e marinai e vi erano cinquanta posti, dei quali venti a retta intera. Il brigadiere Federico Roberti era ispettore di questi istituti.

La marina militare sentiva di non godere la predilezione del re. Non marinaro lui, nè marinaro il conte di Aquila; e dei giovani principi nessuno, nessuno avviato alla marina! Non si dava quasi mai il caso di riviste o manovre o di viaggi di istruzione e assai meno, circumnavigazione. Le guardie marine erano a preferenza addette al cantiere di Castellamare, ma non davano esempio di esattezza, nè di zelo, onde si verificavano non infrequenti ruberie. Nel 1855 se ne verificò una piuttosto scandalosa, per questa il re retrocesse alla terza classe il comandante Cataro, e decise di destituire le guardie marine Caracciolo di Torchiarolo, Petrizzi, Andrea Colonna ed Eduardo San Teodoro, per “provata insufficienza e pigrizia nel disimpegno del proprio ufficio„; ma appartenendo tutti e quattro a cospicue famiglie, la grave misura fu sospesa e poi non si verificò. Altre due guardie marine furono mandate per ammonizione in castel dell’Uovo per due mesi, e il Cafaro fu definitivamente esonerato.

L’alta Corte militare, che era comune all’esercito e alla marina, risedeva a Napoli e la componevano ufficiali di terra e di mare. Era una specie di Cassazione e rivedeva le decisioni dei Consigli di guerra, solo per verificare se la legge o la procedura era stata violata. La formavano un presidente, otto giudici ordinarii, quattro dei quali dovevano essere marescialli di campo, e quattro brigadieri e sei giudici straordinarii: la presedeva don Luigi Niccola de Maio, duca di San Pietro.