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costituzionale del 1848, tenne aperto il libro dei Vangeli, sul quale Ferdinando II posò la mano giurando fede alla Costituzione. Quando si cominciò a parlare di abolizione dello Statuto, il consultore Bonanni al giovane relatore Giuseppe Colucci, che gli manifestava i suoi timori, rispondeva: “Hanno da tagliare queste mani, prima di abolire la Costituzione„, ricordando il fatto di aver lui tenuto il libro degli Evangeli in quel memorabile giorno. Ebbe ragione. Le sue mani non furono tagliate, perchè la Costituzione non venne mai abolita. Restò abolita di fatto sopra richiesta dei sudditi! Il Bonanni era abruzzese, come il Corsi e il Betti. Questi, nativo di Vasto, aveva fama di liberale, perchè amicissimo di Pier Silvestro Leopardi e perchè a Reggio, dove fu intendente, lasciò buon nome e larghe simpatie tra i liberali, e amico di Casimiro de Lieto e Agostino Plutino. Il consultore Lotti era stato intendente a Foggia e il principe Capece Zurlo, a Caserta, anzi si trovava a Caserta quando fu aperta la ferrovia che uni il real sito a Napoli. Il figlio del consultore Lotti sposò una signorina Friozzi dei principi di Cariati e fu, col titolo di conte di Oppido, elegantissimo nella società napoletana.

La Consulta aveva nel campo amministrativo la stessa alta reputazione della Corte Suprema nel campo giudiziario. Se in questa facevan utile tirocinio gli alunni di giurisprudenza, alla Consulta vi erano i relatori che uscivano, ordinariamente, consiglieri d’intendenza o sottointendenti, e alcuni dei quali furono amministratori di prim’ordine. Basterebbe ricordare Giuseppe Colucci e Gaetano Cammarota, e singolarmente il primo, che fu, fuori di dubbio, il maggior prefetto del regno d’Italia, e uno degli uomini più colti della sua età. Nel 1855 erano relatori, tra gli altri, Gaetano Pacces e Vincenzo Calenda, poi ministro guardasigilli del regno d’Italia, e il fratello Andrea. Colucci e Cammarota uscirono nel 1862 sottointendenti il primo, a Cittaducale, e il secondo, a Gerace. Dalla Consulta uscì pure Mariano Englen, governatore di Salerno nel 1860, poi consigliere d’appello di Napoli, il quale ebbe nel 1870 un quarto d’ora di celebrità, perchè, presentandosi candidato nel primo collegio di Napoli, contro l’ex sindaco Guglielmo Capitelli, cambiò partito, passando da destra a sinistra e il passaggio tentò giustificare con un opuscolo intitolato: Trasibulo in Italia.