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Nel momento di chiudere questa mia, scritta ieri sera, (poichè il tristo annunzio giungerà certo da voi con questa medesima posta), ti dirò che stamane un cinque minuti prima del mezzogiorno si è intesa dai siti più estremi della città una fortissima detonazione Era lo scoppio di una caldaia nella fonderia dei cannoni al Castelnuovo. Due piani sono saltati in aria! I danni prodotti pare che siano dovuti essere assai forti. Cesare Firrao venendo di lì, ha incontrato Cesare nostro, e gli ha detto che in pochi minuti ha visto scavare più di dieci morti, e Dio sa quanti feriti! È veramente una gran disgrazia, e non puoi credere quanto il tempo che corre sia ferace a noi di disgrazie, grandi e piccole, pubbliche e private.

“Saprai che Rosmini è morto, a Stresa, fralle braccia del suo Manzoni, andatoci apposta da Milano. Bel concetto! La poesia cattolica che accompagna i supremi pensieri del cattolico filosofo».


Una nota gaia fa invece rappresentata dalla mostra di belle arti, inaugurata solennemente dal re e dalla corte il 30 maggio nelle sale del Museo. Una rivelazione! Esposero Domenico Morelli e Federico Maldarelli, Dell’Abadessa, Mancini e Mancinelli, Nicola Palizzi fratello di Filippo, Alfonso Balzico e dne giovani che salirono più tardi in gran fama: Bernardo Celentano e Biagio Molinaro. Celentano espose un quadro di grandi dimensioni: San Stanislao Kostka, che non incontrò le simpatie di Alfonso, il quale ne scriveva così all’Antonacci:

"Stamane ho percorso a volo d’uccello le tele della nostra pubblica mostra di Belle Arti. Ci sono delle cose bellissime e fralle meno che mediocri è il quadro di Celentano. Lo sosterrei contro un chiunque: come sostengo che Mancinelll e il giovine Morelli si sono resi meritevoli delle teli maggiori. Di Molinaro poi ti dirò che anche Sua Altezza il conte di Siracusa ieri a sera me ne fece assai elogi. È un quadro il suo che per colore lascia a desiderare, ma nel resto bisogna trovargli i riscontri non fra i Celentano, ma fra gli artisti. Anche di Ruo è un bellissimo quadro: il Decamerone. Una delle ale termina ad una stanza, dove si legge a grandi caratteri: u lavori di scultura di S. A. R. il conta d i Siracusa». C’è la Saffo, l’angelo del monumento Niccolini ansai lodato, i grooms al salto e alcuni bronzi».

Al Molinaro fu concessa la piccola medaglia d’oro con gli onori della gran medaglia. Il giudizio sul Molinaro è forse un po’ appassionato. Bisogna sapere che egli aveva avuto il soggetto del quadro dallo stesso Casanova: Schiavitù degl’israeliti in Egitto, forse allegoria alle condizioni del Regno. Molinaro, nativo di Trani, era protetto dall’Antonacci, che ne acquistò il quadro. Aveva indiscutibilmente molto ingegno artistico, e dipinse nel 1869 con Ignazio Perricci gli affreschi di Castel