Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 150 — |
Fondo, la Medea del Legouvè, con la Ristori che destò fanatismo. Ebbe incredibili dimostrazioni di fiori, di sonetti e di epigrammi. La Rachel, venuta a Napoli due anni avanti, vi aveva essa pure rappresentata la Medea e Giuseppe Lazzaro, critico teatrale d’occasione, paragonò la Ristori alla Rachel, giudicando la Ristori superiore alla famigerata francese. La Ristori rappresentò pure al Fondo la Pia dei Tolomei, la Locandiera e la Fedra. Fu pubblicata una raccolta di versi e di prose in lode di lei, e vi scrissero parecchi. Saverio Baldacchini vi stampò una poesia, di cui ricordo quest’ottava, iperbolica e finamente adulatrioe:
Oh, la superba, imperial Parigi |
Se l’elegante e sereno poeta cantava così, immaginiamo gli altri. Alfonso Casanova n’era addirittura esaltato, e scrisse un sonetto inverosimilmente seicentesco. Credo che nessuno dei maggiori artisti ricevesse a Napoli lodi e onori, pari a quelli che vi raccolse la marchesa del Grillo. L’eco della sua fama giunse nelle provincie e in breve, il nome di Adelaide Ristori divenne popolare in tutto il Regno, e gli studenti, tornando a casa nelle vacanze, la portavano a cielo, oscurando la fama della Sadowscki, la quale seguitò non per tanto ad avere sempre i suoi partigiani appassionati, e i suoi adoratori. L’anno innanzi aveva sposato il marchese Vincenzo Santorelli.
Nell’agosto dello stesso anno il Fondo tornò teatro di musica. Vi cadde la Rita del Roxas ed uguale insuccesso, forse peggiore, vi ebbe nell’aprile del 1858 la Gioventù di Shakespeare, opera semiseria dei maestro Lillo. Ebbe esito incerto il Pipelet, con la Zenoni e il Conti, e senza infamia e senza lode passò il Barbiere di Siviglia, con la Guarducci, proclamata la più simpatica delle Rosine e che sposò poi Alfonso Catalano Gonzaga, dei duchi di Cirella. Al periodo musicale successe altro periodo di prosa, e nel febbraio si rappresentò allo stesso teatro