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e proprio alle parole: "i miei spiriti ardenti„ si intese un urlo immenso inaudito, tra quello dell’idrofobo e quello del lupo di mare. Tutti si alzarono: i cantanti cessarono, l’orchestra tacque. Che è? Che non è? Era un uffiziale americano, che fu preso sotto braccio dal capitano di guardia ed allontanato dalla platea. Allora tutti i compagni tennero loro dietro, e molti altri curiosi, e fu messa in chiaro la cosa. Il povero uffiziale aveva la moglie nel Missouri, e la mattina aveva ricevuto lettera di un suo parente con tristi nuove della salute di lei. Si rattristò tanto che i compagni lo menarono a forza in teatro per divagarsi; ma le patetiche note della Lucia e specialmente quelle carissime del duetto, lo colpirono talmente che il poverino si lasciò uscire quel grido involontario. Furono fatte le scuse, gli uffuziali ritornarono in platea, ma senza il loro compagno che fu menato via. Questa è la Lucia! questo il canto italiano di felice memoria!...


E qui occorre narrare una pagina di storia teatrale, che nessuno forse più ricorda. Nella stagione del 1858 al San Carlo, si sarebbe dovuta rappresentare una nuova opera scritta appositamente da Giuseppe Verdi; ma per gli incidenti che sorsero non potè farsi, onde il contratto ebbe una fine talmente comica, che val la pena di raccontare. Fin dal 1856 Vincenzo Torelli, come segretario dell’impresa dei regi teatri, invitò il Verdi a scrivere un’apposita musica per il San Carlo. Verdi rispose non poterlo fare per quell’anno e non poter accettare la cessione, che l’impresa napoletana aveva fatto della proprietà di opere scritte per lei, ad altre imprese italiane e straniere: qualora si decidesse a scrivere, e forse avrebbe scritto il Re Lear, chiedeva una compagnia di sua soddisfazione e seimila ducati di compenso. Messisi d’accordo su tutto, all’impresa che insisteva perchè accettasse la Penco per il Re Lear, Verdi, il 7 dicembre 1856, rispose da Busseto in questi termini: "rispondo, signor Torelli, poche parole di volo alla vostra del 27 corrente per dirvi che mi è impossibile il fatto della Penco. È nelle mie abitudini di non lasciarmi imporre da nessun artista, tornasse al mondo la Malibran. Tutto l’oro del mondo non mi farebbe rinunciare a questo principio. Io ho tutta la stima del talento della Penco, ma non voglio che ella possa dirmi: signor mae-