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Il Bardare scrisse una specie di satira, contro gli esteti che erano divenuti una vera calamità in quegli anni: satira piuttosto insipida, che cominciava con questi versi:
Io non so che mai vogliate |
Ma non erano minori calamità le strenne e tutte quelle pubblicazioni veramente inutili, perchè vuote d’ogni contenuto poetico - Quando nell’agosto 1858 si spense a vent’anni Vincenzo Tarantini, figlio di Leopoldo, gli amici pubblicarono una raccolta di prose e versi. Leopoldo Rodinò vi scrisse pagine purissime di prosa e versi; Saverio Baldacchini, versi sciolti; Pessina e il vecchio Caccavone, dei sonetti; Niccola Sole, Amalia Francesconi, Carlo Barbieri e Felice Bisazza, delle odi; Mirabelli, dei distici; Peppino Tarantini, oggi deputato di Barletta e fratello minore del defunto, poche ottave, e un’ottava Mariannina Spada di Spinazzola, la quale, un anno dopo, si fidanzò al marchese Pasquale del Carretto, unico figliuolo del maresciallo.
L’esempio delle strenne era contagioso. A quelle, che si pubblicavano nella capitale, facevano riscontro quelle più scadenti delle provincia. Se ne pubblicò una a Chieti nel 1858, dal titolo Il Salice. La mise insieme Ferdinando Santoni de Sio. Quasi tutti gli autori erano abruzzesi. Silvio Verratti, abruzzese egli pure, ne pubblicò nell’Epoca una rivista apologetica, scrivendo, con poca modestia: "Qui in Abruzzo non possono fiorire poeti voluttuosi e molli, ma si vuol porre l’arte in accordo con tutte le altre idee del tempo, con quelle della beltà morale, della famiglia, dell’amore per l’uman genere, e soprattutto con la sincera religiosità e con la filosofia„. E dei poeti abruzzesi, dopo aver ricordato un po’ fra le nuvole il Rossetti, accennò a Pasquale de Virgilii, al Madonna, al Pellicciotti, al Bruni, alla Milli e ad Emidio Cappelli, che l’anno prima aveva pubblicata la Bella di Camarda, novella abruzzese in terza rima, dedicata a Saverio Baldacchini e bellissima per purezza di forma, d’immagini e di reminiscenze dantesche. In questa strenna furono pubblicate lettere inedite di Pietro Giordani, del marchese di Montrone e di G. B. Niccolini a Raffaele d’Ortensio e una della Guacci a Niccola Castagna. Vi figuravano, inoltre, un carme di Paolo