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tiche rassegne sulla pittura napoletana, dalla morte del Solimena a noi.
Non vanno dimenticati, fra i giornali d’allora, il Bazar letterario, diretto da Vincenzo Corsi e pubblicato a dispense; il Giornale delle madri e dei fanciulli, del quale era editore l’inesauribile Cirelli; la Rondinella, il Truffaldino e le Serate di famiglia, che videro la luce nel 1856. Le Serate di famiglia dirette da Raffaele Ghio e da Michelangelo Tancredi, pubblicavano articoli di educazione, di pedagogia e di amena letteratura. Vissero due anni di vita stentata e bersagliata dai revisori, i quali, tra l’altro, un giorno cancellarono la parola Italia, annotando: "Quando la finirete con questa f... Italia?„; e il titolo di un articolo: La costituzione di un fanciullo, mutarono in: La conformazione di un fanciullo. Il Tornese e il Menestrello comparvero nel 1856; un anno dopo, il Teatro, diretto da Alessandro Avitabile e nel 1858, la Babilonia, giornaletti, mezzo teatrali e scipiti, senza importanza e senza lettori. Don Lorenzo Zaccaro, prete calabrese, che aveva studio di lettere italiane e latine, e fu carcerato per supposta complicità nell’attentato di Agesilao Milano, pubblicò in quegli anni l’Ortodosso, diretto da Giosuè Trisolini, chirurgo militare all’ospedale della Trinità, padre di Tito, allora emigrato, che poi fu dei Mille, e di Giovanni, allora giornalista teatrale e poi impresario. Come il Nomade e l’Epoca, mercè le aderenze dei loro direttori avevano ottenuto raccomandazioni dal ministero di polizia agl’intendenti per avere degli associati, l’Ortodosso ne ottenne dal ministero della guerra, ed erano quasi tutti militari i suoi lettori, del resto non molti. Una sera si discuteva sul significato del suo titolo tra parecchi ufficiali nella Casina militare, che aveva sede sulla cantonata tra la discesa del Gigante e il largo di Palazzo, e fu sentenziato che ortodosso era.... una parola spagnuola!
Parecchi scrittori del Nomade e dell’Omnibus non negavano la loro collaborazione, gratuita s’intende, al Diorama, diretto dallo stesso Antonio Capecelatro, impiegato al ministero di marina poi direttore generale delle poste italiane e che ora, vecchio, vive a Napoli in onorato riposo. L’ufficio del Diorama era in piazza San Ferdinando, sull’antico caffè d’Europa, in un appartamentino interno, sotto l’ufficio dell’Omnibus, e lo fre-