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a determinare la resistenza folle del sovrano, che portò alla rottura dei rapporti diplomatioi, seminando i germi di quelle avversioni, che non furono più dileguate da parte delle potenze occidentali; che dette buon giuoco a Cavour e al Piemonte; che pose tutto il partito liberale di Europa contro i Borboni di Napoli; che ridestò le speranze liberali nel Regno, ed ebbe infine un effetto tragico nell’attentato di Agesilao Milano, avvenuto quarantasette giorni dopo la partenza da Napoli dei ministri di Francia e d’Inghilterra!
Così dai documenti pubblicati dal Bianchi appare la diplomazia napoletana in occasione del Congresso di Parigi, che segnò il principio della catastrofe finale. Ma quei documenti son tutti? È lecito dubitarne. Nicomede Bianchi, preside del liceo del Carmine di Torino, nell’autunno del 1861 ebbe dal barone Ricasoli una calda commendatizia per il generale Cialdini, luogotenente a Napoli, con l’incarico di recarsi colà, per ricavare, secondo egli confessa, “da quegli archivii diplomatici le notizie e i documenti meglio atti a ringagliardire il buon diritto d’Italia ed a meglio perdere (sic) nella reputazione dell’Europa diplomatica la scacciata dinastia borbonica„. Vi andò, è chiarissimo, con partito preso. I documenti pubblicati nel settimo volume della sua storia sono perciò quelli che più gli convenivano, e forse per questo alcuni si leggono integralmente, altri mozzati o riassunti. Ma pur non elevando dubbii sull’autenticità loro, nulla esclude che non ve ne siano altri, i quali attenuino l’impressione penosa che si prova, leggendo quei documenti, che cioè la diplomazia napoletana sia stata così balorda. Il Bianchi non solo scriveva la storia con partito preso, ma portava via i documenti da consultare, molti dei quali furono rinvenuti dopo la sua morte; e nominato direttore dell’archivio di Stato di Torino nel 1870, vi fece d’ogni erba fascio, a giudizio di ohi lo conobbe.1 Io ricordo che Costantino Nigra, col quale ebbi occasione di parlare più volte dei numerosi lavori del Bianchi, non ne aveva un gran concetto, anzi... Sarebbe stato mio desiderio collazionare non solo i documenti pubblicati da lui, ma indagare in quei numerosi fasci delle corrispondenze diplomatiche del 1859 e 1860 dell’archivio di Napoli, ma non mi è stato possibile, richie-
- ↑ Altri documenti lasciò in eredità al municipio di Reggio Emilia, sua patria.