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istruzioni originati mandate al ministro Antonini, quando l’accreditò nel 1834 a Berlino, e nel gennaio del 1849 a Parigi. Non si leggono senza una certa ammirazione. Dalle prime si rivela che Ferdinando II aveva l’intuito che il regno di Luigi Filippo non sarebbe di lunga durata; e che, nato dalla rivolurione, capitanata da borghesi dottrinarii e turbolenti, sarebbe stato travolto da una rivoluzione più radicale. Egli giudica quel governo dal suo punto di vista di re di diritto divino, che non riconosce alcuna dottrina che lo limiti; e quella nota sottoscritta da un principe di ventiquattro anni, imbevuto di principii così rigorosamente legittimisti, è in sostanza un trattato di governo assoluto. La stessa logica per la Spagna, dove il ramo legittimo dei Borboni, dopo la morte di Ferdinando VII, era per lui quello di don Carlos. E quando si pensi che Luigi Filippo era suo stretto congiunto, e la regina Cristina di Spagna sua sorella, e la minorenne Isabella, sostenuta dai liberali, sua nipote, si deve riconoscere che in Ferdinando II gli stessi vincoli di sangue erano men forti dei doveri a lui imposti dalla regalità di diritto divino. Il suo ministro degli affari esteri, il principe di Cassero, Antonio Statella, era assolutista rigido, il quale scriveva in una asmatica forma di purista, e con una punteggiatura stravagante; ma dall’insieme di quelle istruzioni traspare la mente del re, con quella fatale coerenza che l’accompagnò sino alla morte.
Non meno importanti sono le istruzioni inviate allo stesso Antonini nel gennaio del 1849. Lo accreditò ministro presso la repubblica francese, dopo l’elezione a presidente del principe Luigi Napoleone Bonaparte, nel quale se non vedeva in quei giorni il faturo imperatore, riconosceva un’efficace garanzia di ordine politico e sociale; e perciò nutriva fiducia, che il governo francese avrebbe cooperato potentemente a ristabilire l’autorità del re di Napoli in Sicilia. E alla fine delle istruzioni incarica l’Antonini di far valere i diritti legittimi della Corona di Napoli sul Ducato di Parma e di Piacenza, se mai nel congresso di Bruxelles, del quale allora si parlava, si fosse proposto di concedere quel Duoato al Piemonte “in oompenso delie spese della guerra sinora sostenuta„. Ma quando, tre anni dopo, si trattò di riconoscere Luigi Napoleone imperatore, Ferdinando non inviò istruzioni, ma chiamò l’Antonini a Napoli, ed ebbe con lui i colloqui caratteristici, che l’Antonini registrò nel suo