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Antonio Winspeare. Il Petrulla si ritirò più tardi a Trieste, lasciando erede della sua cospicua sostanza il principe Vincenzo Pignatelli Denti, suo parente per parte di madre. E il Pignatelli, sia detto a sua lode, sentì il dovere di restituire a Francesco II la somma indebitamente ritenuta.
Il Capece Galeota, dei duchi della Regina, era ministro a Pietroburgo; il conte Luigi Grifeo, a Berlino; il principe di Carini a Londra, il marchese Riario Sforza a Madrid, e il conte Giuseppe Ludolf, a Roma. Segretario di legazione a Londra era Raffaele Ulisse, che pochi oggi ricordano con questo nome, ma molti rammentano col nome di Ulisse di Barbolani, anzi, con quello più recente, di Barbolani di Cesapiana: da Londra il Barbolani fu destinato al Brasile, dove si trovava nel 1860. Tornò in Italia e fu per poco tempo al ministero degli esteri; poi, andato in America col grado di ministro, vi stette sino al 1867, e fu poi segretario generale del Menabrea, ministro al Giappone e in Baviera, e infine con mal garbo venne messo in riposo dal Crispi. Morì a Colle di Macine sua patria, il 13 ottobre 1900, neppur senatore, anzi indegnamente obliato dal governo. Tra i principali incaricati di affari, ricordo Guglielmo Ludolf a Monaco di Baviera; l’aquilano Canofari, a Torino; Augusto Milano, dei duchi di Santo Paolo, a Firenze, e Giacomo de Martino, destinato a Roma da Rio Janeiro, dove non era mai andato. Tranne quest’ultimo, che molta parte ebbe nel 1860 e anche dopo, tutti gli altri copre un malinconico oblio. Il principe di Carini, Antonio La Grua e il conte Luigi Grifeo erano siciliani come Petrulla; e il Capece Galeota aveva sposata nel 1856 la bellissima vedova del principe Pignatelli Cerchiara, la quale assai brillò, per lo spirito e il talento, alla Corte di Pietroburgo ed era figliuola di Emilio Capomazza. A Roma fungeva da incaricato d’affari il marchese di Sangiuliano, da non oonfondere coi Sangiuliano di Sicilia, perchè nasceva Severino Longo. Faceva le veci del conte Ludolf, che seguitò ad avere il titolo di ministro. Il Sangiuliano era segretario di legazione; e quando la moglie nell’ottobre del 1855, trovandosi a Napoli, chiese al re la promozione del marito a incaricato d’affari effettivo e l’ottenne, giunse da Roma la notizia per telegrafo che il Sangiuliano vi sta morto di colera. A lui successe il De Martino, che vi restò