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e si guardò indietro per essere pronto a prendere il largo.

— Cosa ci trovi di strano? chiese egli, esitando.

— Fathma ha degli schiavi a sua disposizione.

— Si vede che ha preferito mandar me, ecco tutto.

— E sai che vuole da me? Corre forse qualche pericolo? domandò l’arabo con ansietà.

— L’ignoro, rispose Debbeud. Credo però che farai bene a venire subito a Hossanieh. Mi pareva assai agitata.

Abd-el-Kerim guardò Hassarn che non staccava gli occhi dal volto dello sceicco.

— Che ne dici, Hassarn? gli chiese.

— Non so quale pericolo possa correre Fathma, ora che Notis è morto, tuttavia si può andare a vedere ciò che desidera. Chi sa!

Abd-el-Kerim cinse la scimitarra e si pose in capo il fez. Hassarn lo fermò nel momento che stava per seguire il bandito.

— Abd-el-Kerim, gli disse sottovoce. Sta in guardia.

— Che temi? Ho la mia scimitarra e questo sceicco mi pare che non sia un uomo capace di arrischiare la sua vita contro di me.

— Può darsi; ad ogni modo ti terrò d’occhio fino alla casupola.

Debbeud e l’arabo uscirono. Faceva sempre oscuro assai e il vento soffiava con maggior violenza facendo ondeggiare le tende degli accampati e atterrandone più d’una; in cielo correvano densi nuvoloni che s’accavallavano confusamente e il tuono rullava in lontananza.

Fit Debbeud precedette l’arabo fino agli avamposti, poi gli si collocò a fianco colla dritta sull’impugnatura dell’jatagan.

— Soffia il simum, dissegli poco dopo.

— Lo sento, rispose Abd-el-Kerim distrattamente.

— Credo che faremo bene a tenerci sotto le colline per non inghiottire una porzione di sabbia e per non diventare ciechi.

— Come vuoi.