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— Se tu riesci nell’impresa, disse, ti darò tanti talleri da comperare cento fucili e una mandria numerosissima di cammelle.

— Lascia fare a me.

— Takir, gridò il greco.

Il nubiano, che fumava sul limitare della tenda fu pronto ad accorrere alla chiamata del padrone.

— È ora che tu ti metti in viaggio per Chartum, disse Notis. Dirai a mia sorella Elenka come stanno qui le cose e la incaricherai d’ottenere dal governatore il mio congedo assoluto, poichè bisogna che io sia libero per lottare col mio rivale e vincerlo. Le dirai altresì che si faccia firmare, dallo stesso, una lettera che obblighi Dhafar pascià a condurre Abd-el-Kerim nel basso Sudan, dovesse trascinarvelo colla forza.

— Perchè? Non vi capisco.

— L’ignoro io pure, il perchè, ma potrebbe darsi che questa lettera mi tornasse utilissima. Va, Takir, e ritorna presto con Elenka. Mia sorella è abbastanza ricca e potente per ottenere dal governatore quello che vuole.

Il nubiano girò sui talloni e s’allontanò. Poco dopo si udì il sonaglio del suo mahari che indicava che erasi già messo in viaggio.

— E ora che facciamo? chiese Notis allo sceicco.

— Il sole è ancora alto per dirigerci al campo e io ho una fame da lupo. Pranzeremo allegramente.

Fece distendere dinanzi un tappeto nuovissimo e gettò un leggiero fischio. Un beduino entrò portando sulle spalle, appeso ad una pertica, un agnello intero arrostito e lo depose su di una specie di sporta piatta di foglie di palma.

— Bismillah! (in nome di Dio) disse Fit Debbeud, frase abituale che pronunziano sia per cominciare a mangiare, sia per scannare o torturare il loro nemico.

Lo sceicco divise l’agnello colle dita, essendo sconosciuta la forchetta presso i beduini, tagliò la pelle brunastra, lucida e croccante, in lunghe striscie e servì Notis, che le assalì vigorosamente inaffiandole