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— So che alle ruine di El-Garch sta accampato lo sceicco Fit Debbeud con un seguito abbastanza numeroso. Questo beduino, che io conosco a fondo, per un bel gruzzolo d’oro potrebbe mettersi ai vostri servigi. È un uomo forte, coraggioso, capace di pugnalare cento uomini senza commuoversi.
È quello che io cercava, Takir. Tu ti recherai nelle foreste e gli parlerai, poi monterai sul tuo mahari e trotterai verso Chartum. Ho bisogno assoluto di mia sorella Elenka per vincere Abd-el-Kerim.
— Oh! fe’ il nubiano, Elenka qui, al campo?
— Sicuro, la condurrai a Hossanieh ed ella non indugierà a venire quando tu le avrai raccontato come stanno qui le cose. Orsù, mettiti in cammino e recati a parlare con Fit Debbeud.
E voi?
— Io verrò con mio comodo, quando tu avrai spianata la via e messo al corrente di tutto lo sceicco.
Il nubiano riprese gli oggetti che aveva deposti a terra e tornò a partire. Notis, dopo d’averlo visto a correr come un’antilope, verso le foreste, esaminò la sua ferita, vi sovrappose un cataplasma di erbe medicinali e si sedette dinanzi a un vaso ripieno di ebrèk, cibo assai appetitoso e rinfrescante composto di duràk ridotto in pasta sottile e un po’ agro per meglio conservarsi.
Finito il pasto che inaffiò con un abbondante sorso di merissak, sorta di birra inebriante fatta con duràk fermentato, e fumato un sigaretto, discese la collina e salì sul mahari di Takir, spingendolo a lento passo verso le foreste che chiudevano, all’est, l’orizzonte.
Alle tre dopo il mezzodì giunse ai primi alberi e incontrò il nubiano che veniva in cerca di lui, accompagnato da un beduino avvolto in un gran taub, armato d’una lunga hàrba (lancia) e munito di una daraga, grande scudo di legno coperto di pelle di elefante.
— Tutto va bene, gli disse Takir. Lo sceicco Fit Debbeud è a secco di talleri e purchè voi riempiate