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Un acuto dolore che provò al fianco sinistro l’arrestò. Si stracciò la casacca a mise allo scoperto la ferita infertagli da Abd-el-Kerim, esaminandola attentamente.
La scimitarra eragli penetrata sotto la quinta costola, dopo di aver urtata la quarta ed aveva lacerato le carni per una lunghezza di sette od otto centimetri, ma senza che avesse toccato alcuna parte delicata. Capì subito che la ferita era dolorosa ma niente affatto mortale e respirò.
— Credeva che m’avesse ferito più pericolosamente, mormorò egli. Tanto meglio per me e tanto peggio pel mio rivale. Sta cheto, Abd-el-Kerim, che questo duello ti costerà caro, oh sì, assai caro! E ora, fingiamo di essere morto per tutti eccettuati Elenka e il mio fedele Takir. A proposito dove si è cacciato il nubiano? Non è possibile supporre che egli si sia allontanato nel mentre che io mi battevo.
Accostò le mani alle labbra e imitò il riso sgangherato della iena, che ripetè per tre volte. Pochi minuti dopo udì l’urlo lamentevole del sciacallo che si ripetè pure tre volte.
— Bene, il nubiano è qui, disse Notis, sforzandosi a sorridere. Aspettiamo.
I cespugli si mossero di lì a poco e la atletica figura di Takir si mostrò. Egli accorse subito accanto a Notis, gettando un vero grido di gioia.
— Ah! padrone, vi credeva morto con una scimitarra attraverso il petto, diss’egli. Per qual fortuna quel dannato d’Abd-el-Kerim vi risparmiò?
— Mi risparmiò! esclamò Notis con furore. Il maledetto non è così generoso da risparmiare un rivale par mio che è per di più il fratello di Elenka. Guarda qui che mi fece.
Egli s’aprì la camicia e gli mostrò la ferita che sanguinava abbondantemente.
— Vi ha ferito mortalmente?
— No, per buona ventura, disse Notis. Ho qui poi in faccia il segno lasciatomi dalla sua frusta e una scalfittura al disotto dell’occhio che mi rammenteranno sempre del traditore Abd-el-Kerim.