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prima di aver veduto l’almea, non tardò a mettersi di fronte a lui, colla calma propria degli orientali.
— Abd-el-Kerim, disse Notis, sforzandosi di parer tranquillo. Raccomanda la tua anima ad Allàh, poichè non uscirai vivo da questa foresta e manda un ultimo addio alla tua nuova amante, che non rivedrai mai più.
— Non annoiarmi inutilmente, disse l’arabo freddo freddo. Se ti ricordi qualche preghiera, spicciati a dirla, poichè io non ti risparmierò.
— Ho raccomandato l’anima al diavolo mio patrono e ciò basta. Orsù, guardati, che il fratello della tua Elenka incomincia.
L’arabo lo guardò cupamente.
— In guardia, Notis, diss’egli. Una donna non sta più fra noi!
Quasi nel medesimo istante le due scimitarre s’incrociarono con uno stridore rapido e duro. I due avversari, tasteggiatisi un po’, dopo di avere tentato di far passare reciprocamente i loro ferri per arrivare alle carni, si ritrassero di qualche passo, riponendosi in guardia.
Hassarn incrociò le braccia sul petto e il duello cominciò furiosamente.
Notis, più impetuoso e meno padrone di sè, fu il primo ad attaccare, moltiplicando gli assalti, portandosi ora a dritta e ora a sinistra, turbinando come un lupo attorno alla preda, e avventando tremendi colpi sul capo dell’arabo che li parava senza muoversi di una linea. Per cinque minuti continuò ad assalire, tentando, ma invano, di far saltare di mano la scimitarra ad Abd-el-Kerim, poi, visto che non c’era mezzo di riuscirvi nè di far abbassare quell’arma che copriva l’avversario come uno scudo, tornò a sostare.
— Ah! esclamò egli sogghignando. Tu sei una rupe adunque, incrollabile anche fra i più impetuosi attacchi.
— Può darsi, rispose l’arabo che si teneva in guardia.