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— Odimi, Fathma, diss’egli. Ho giurato di farti mia, dovessi perdere ambe le braccia e anche le gambe, dovessi venire ucciso. Tu sei bella e mi hai affascinato; tu sei povera e io son ricco; tu sei maomettana e io sono greco ma mi farò, se vuoi, maomettano. Perchè non vuoi esser mia?
— Perchè amo di già un altro uomo.
— Ma tu non puoi prestar fede ad Abd-el-Kerim; ti tradirà, ti schianterà il cuore e più presto di quello che tu abbi a crederlo. Bada a me, che lo conosco a fondo quell’arabo; è un miserabile, è di più un vile!
Una fiamma di sdegno e di collera salì in volto all’almea; tese le mani chiuse verso il greco con gesto minaccioso.
— Taci! Taci, insensato! esclamò ella con violenza. Abd-el-Kerim è un eroe.
— Sì, eroe, perchè ebbe la fortuna di abbattere un povero leone, disse Notis con ironia. Bella prodezza in fede mia!.... Fathma, è ora di finirla. Abbiamo parlato anche troppo, senza nulla concludere.
— Ma che vuoi infine?
— Voglio portarti con me, lontano da questo campo e farti mia, lo capisci Fathma, farti mia a dispetto di Abd-el-Kerim. Verrai tu?
— Giammai! esclamo l’almea con forza.
— Ira di Dio! Dimmi il perchè? disse Notis furibondo.
— Perchè ti odio e ti disprezzo. Vattene!....
Il greco lanciò una bestemmia ed alzò le mani come per abbracciarla. L’almea fece un salto indietro, ponendo la dritta sul pugnale.
— Non toccarmi, maledetto! gli disse con voce sibilante per l’ira.
— Guarda, Fathma, noi siamo soli, la foresta non ha abitante alcuno, e io sono risoluto a farti mia. Non opporre resistenza veruna, se vuoi che non diventi feroce come una iena.
Egli si slanciò addosso all’almea che tornò ad indietreggiare traendo il pugnale. I suoi occhi si ingrandirono stranamente e il volto prese una espressione di indomita fierezza.