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una casupola e che questa casupola era l’abitazione di Fathma, poichè fu vista entrare. Sareste rivali?
Abd-el-Kerim non rispose. Egli era diventato improvvisamente cupo.
— Non rispondi, ma leggo nel tuo cuore come legge il Profeta e forse più, Abd-el-Kerim.
— E che leggi?
— Amore, amore e amore per...
— Per chi?
— Per Allah! Amore per Fathma!
— Zitto imprudente, mormorò l’arabo guardandosi sospettosamente attorno.
— Confessi adunque che io lessi giusto.
— Non posso negarlo. Amo Fathma.
— Ed Elenka? E Notis?...
— Cancello l’una e aborro il secondo che minaccia diventare mio rivale!
L’arabo fece un gesto di spavento. Avrebbe voluto riafferrare e ricacciare in gola quelle parole uscitegli imprudentemente dalle labbra. Sentì una fitta al cuore; chinò il capo sul petto e sospirò.
— Povero Abd-el-Kerim! esclamò Hassarn.
— Non compiangermi!... Ah!.... Se tu sapessi qual lotta ferve nel mio cuore! disse ferocemente l’arabo. Quale mai delle due?
— Tu pensi ancora ad Elenka, adunque?
— Forse. Non so, per quanto mi sforzi, non riesco a cancellarla totalmente. L’ho sempre dinanzi agli occhi, bella, divina.... Eppur non l’amo!
D’un tratto si arrestò, afferrando bruscamente la carabina. Erano allora arrivati sul limitare della grande foresta che si estendeva a perdita d’occhio dal sud al nord, seguendo il tortuoso corso del Bahr-el-Abiad.
— Che hai? gli chiese Hassarn, armando per ogni precauzione una pistola.
— Abd-el-Kerim si guardò d’attorno con circospezione, figgendo l’acuto suo sguardo sotto gli alberi che strettamente uniti toglievano quasi la vista.
— Mi sembrò d’aver udito un fruscìo fra i cespugli, disse poi.