Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
403 |
un gran sacco di pelle che pareva racchiudesse un corpo umano.
— Ferma! Ferma!... gridò il greco con accento disperato.
Il muggito delle onde, che sollevate da una fresca brezza, si frangevano contro le roccie, impedì al carnefice di udirlo. Il momento era terribile. Fathma stava per essere precipitata nel lago. Un momento ancora e tutto sarebbe finito.
Un’improvvisa idea balenò nella mente del greco. Puntò una delle due pistole; s’udì una strepitosa detonazione seguita da un urlo di dolore e da un tonfo. Yokara e la sua vittima erano capitombolati nel lago.
Il greco, fuori di sè, si precipitò verso la costa e scagliate via le pistole balzò nelle onde. Passò un minuto lungo quanto un secolo, poi riapparve. Con una mano nuotava e coll’altra sosteneva il sacco contenente la povera Fathma.
Nuotò vigorosamente verso la riva, scalò agilmente le roccie, depose l’almea sulla sabbia e con un rapido colpo di jatagan squarciò il grosso tessuto.
Si chinò ansiosamente su quel bel corpo che non dava più segno di vita e appoggiò una mano sul cuore. Sentì che batteva leggermente.
— Viva! Viva!... tuonò egli. Ah! sei alfine mia!
Le sue labbra sfiorarono dieci volte di seguito quelle scolorite dell’almea; egli rideva e piangeva dalla gioia.
Il galoppo di parecchi cavalli, che rapidamente si avvicinava, gli richiamò alla mente Abù-el-Nèmr. Gettò uno sguardo verso il lago, nel quale dibattevasi ancora il carnefice Yokara colla testa fracassata dalla palla della pistola, afferrò strettamente fra le braccia Fathma, scattò in piedi e si diede a precipitosa fuga senza sapere dove andasse nè che cosa avesse in mente di fare.
Aveva percorso duecento passi, quando udì una voce gridare:
— Ehi, alt! Se non t’arresti sei morto!