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piante, al contatto dei carboni accesi s’annerì e si screpolò mostrando la viva carne.
— Basta!..... basta!..... ruggì il greco pazzo di dolore.
— Parlerai? gli chiese le scièk.
— Sì..... basta ira di Dio! Mille tuoni! Volete bruciarmi vivo?
— Vi brucieremo se non sciogliete la lingua, disse Omar, tirandolo indietro.
Il greco, col volto contraffatto per lo spasimo, rotolò al suolo bestemmiando, gemendo e contorcendosi come un serpente.
— Parlate, padron Notis, riprese lo schiavo.
— No, cane maledetto, rettile schifoso. No, e poi no!
— Come vi piace. Abù, rimettiamolo sul fuoco. Gli consumeremo i piedi fino all’osso.
A quell’atroce minaccia, il greco si sentì mancarsi le forze per resistere oltre. Con un gesto della mano arrestò i due tormentatori che si disponevano ad accostarlo al braciere.
— Parlerò... parlerò, balbettò egli. Ma... ad una condizione... Ira di Dio! Mi avete rovinati i piedi! Sentite, ho una sorella... la mia povera Elenka... voi sapete ciò che è avvenuto di lei... non potete negarlo... Ah! cani di negri!
— Avanti, disse Omar.
— Se voi mi direte dove trovasi... Elenka, vi giuro che parlerò... che vi darò in mano... quel maledetto Abd-el-Kerim.
— Ve lo dirò.
— Giuralo.
— Lo giuro sulla barba di mio padre, lo giuro su Allàh, lo giuro sull’Alcorano.
— Parlate, ma non cercate d’ingannarci. Rimarrete qui prigioniero, e se ci avrete ingannati ve ne pentirete.
Il greco per alcuni istanti rimase muto e pensieroso. Perdere Abd-el-Kerim che tanta fatica gli era costato, che tanti pericoli aveva sfidato per averlo