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due uomini, ma la fredda canna di una pistola che lo scièk gli appoggiò alla fronte lo fece ricadere per terra.
— Sono perduto, pensò il greco.
— Padron mio, ripigliò Omar, col medesimo tono beffardo. Non tentate di fare resistenza se non volete che il mio amico Abù vi scarichi la sua pistola in faccia. State cheto e rispondete alle nostre domande.
— Se speri che io parli, t’inganni di molto, Omar, rispose Notis col tono calmo d’un uomo che nulla teme.
— In tal caso ricorreremo agli estremi espedienti. Che direste se il mio buon amico Abù vi pigliasse i piedi e ve li arrostisse sui carboni accesi.
— Miserabile!
— Potete fare a meno di dispensare dei titoli che non ci fanno nè caldo nè freddo. Orsù, padron Notis, carte in tavola: che avete fatto di Abd-el-Kerim?
— Ah! tu vuoi sapere che feci del tuo padrone? Ebbene ti dirò che egli è morto. Le sue ossa spolpate dai denti delle jene e degli sciacalli, giaciono sulle ardenti sabbie di Kasseg.
— Tu menti! urlò Omar.
— Se non vuoi credermi fa di meno.
— Notis, disse Abù-el-Nèmr. Giochi una partita pericolosissima. Ieri sera parlai con Ahmed, ed egli mi disse che Abd-el-Kerim era in mano tua ed ancor vivo. Come vedi, sappiamo qualche cosa.
Il greco strinse i denti.
— Maledetto Ahmed! esclamò egli.
— Non insultare l’inviato di Dio, se ti è cara la vita. Parla: dove hai nascosto Abd-el-Kerim?
— Non lo saprete nè oggi, nè domani, nè mai!
— Sta bene, disse lo scièk.
Afferrò il prigioniero per le braccia, e lo trascinò accanto al fuoco non ostante la sua disperata resistenza. Omar gli prese i piedi e li accostò alla fiamma.
Notis cacciò fuori un urlo di dolore. La pelle delle