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— Oh! esclamò il suo compagno, facendo un balzo sull’angareb. È proprio vero quello che tu dici?

— Te lo giuro. Egli mi parlò di Abd-el-Kerim.

— E dunque?

— Mi narrò che lo aveva dato in mano ad un uomo che aveva molto insistito per averlo.

— In mano ad un uomo?

— Sì.

— Era un bianco quell’uomo? chiese il negro con viva emozione.

— No, un beduino.

— Respiro, Abù-el-Nèmr. Avevo paura che fosse.

— Chi mai? Forse il rivale di Abd-el-Kerim?

— Appunto credevo che fosse il greco Notis. Ma quale interesse poteva avere quel beduino per averlo in sua mano? Qui sotto ci deve essere qualche raggiro, qualche mistero che bisogna svelare.

— È quello che penso pur io, tanto più che quel beduino scomparve dal campo, nè fu possibile scoprirlo.

— Che sia il greco dipinto? Non so ma il cuore mi batte forte forte e mi sento assalire da forti sospetti.

Notis, che non avea perduto sillaba di quel colloquio, involontariamente rabbrividì.

— Ira di Dio! borbottò. Che mi abbiano scoperto? Chi può essere mai quel negro d’inferno che indovina le cose tanto bene? Ragazzo mio, se posso averti sotto le unghie non ti risparmierò. Udiamo la fine.

— Ad ogni modo, ripigliò il negro, staremo in guardia. Non credo che quel birbante sia ancora vivo nè abbia avuto tanto fegato da spingersi fino a El-Obeid. E che ti disse Ahmed?

— Egli mi promise di cercare attivamente quel beduino. Per ogni precauzione, sarà bene che avvisiamo Fathma di stare in guardia.

— Non mancherò di farla avvisare.

— L’hai condotta dove ti dissi?

— Sì, rispose il negro. All’estremità della zeribak dei prigionieri le ho costruito una bella capanna.