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È divisa in cinque differenti quartieri abitati da una popolazione che supera le 35,000 anime; uno e abitato dai dongolesi, l’altro dai mercanti esteri, il terzo dai coloni di Barnou, il quarto dei nativi i Darfur e così via.
Il principale quartiere chiamato El-Orfa, contiene gli edifizi governativi, delle piccole moschee, una casa ad un piano abitata prima dal governatore egiziano, una caserma, un magazzino di polvere ed una figliale delle missioni cattoliche di Chartum, tutta ruinata dai guerrieri del Mahdi che la saccheggiarono dopo la presa della città.
Tutte le altre case sono misere capanne circolari di venti piedi di diametro, con mura in argilla alte quattro o cinque piedi e sormontate da un tetto conico di paglia disposto in istrati regolari e impenetrabili alla pioggia. Ogni famiglia ne poesiede di queste capanne, chiamate tokles, quel numero che è sufficiente ai suoi bisogni ed il gruppo è quasi sempre circondato da una siepe di spine e ombreggiato da palmizi che danno alla città un pittoresco aspetto.
Il Mahdi se ne era impossessato il 15 gennaio 1883 e ne aveva fatto il suo quartier generale, fortificandola alla meglio che aveva potuto e facendola occupare da una parte delle sue orde che bivaccavano nelle vie e nelle piazze sotto tugul improvvisati e sotto tende1.
Quando Abù-el-Nèmr e quelli che lo seguivano scambiate alcune parole coi guerrieri che vegliavano dinanzi alla porta, entrarono, la città era ancora addormentate.
Nè per le vie, nè per le piazze scorgevasi anima viva; nè da alcuna capanna trapelava un raggio di luce che desse indizio che entro si vegliava.
Persino i guerieri del Mahdi che accampavano
- ↑ Il Mahdi l’aveva presa con la fame dopo quattro mesi e mezzo di eroica resistenza, e scacciati gli abitanti dopo averli denudati, l’aveva fatta occupare delle sue orde.