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— Che facevi, Abd-el-Kerim, sotto le finestre di quella casupola? chiese Notis, ironicamente.

— Avevo la febbre indosso e sono andato a passeggiare per le vie d’Hossanieh.

— Tu menti, Abd-el-Kerim!

L’arabo si turbò e tornò ad impallidire, ma più per la collera che per la paura.

— Te lo dirò io, giacchè tu nol sai, che facevi, disse Notis, alzando la voce. Tu suonavi la rabada e cantavi una canzone d’amore.

— E che ci trovi di strano?

— Ma disgraziato, non sapevi adunque che tu cantavi sotto le finestre di Fathma?

— Ebbene?... chiese Abd-el-Kerim con calma.

— Ciò vuol dire che quel rivale di cui mi parlavi sei tu, tu, Abd-el-Kerim!

— Follie.

— Tuoni di Dio, non mentire! Tu cantando pronunciavi il nome dell’almea!

— Ah! tu sai questo?...

— Abd-el-Kerim, rammentati di mia sorella Elenka. Ella è greca.

— Ma il Corano...

— Non parlare di Corano, nè di poligamia. Elenka non avrà che un marito e tu non avrai che una moglie. Il Profeta udì i tuoi giuramenti.

— Elenka!... Elenka!... balbettò l’arabo.

— Saresti capace tu di dimenticarla per Fathma?

— Non parlare d’Elenka, Notis, disse l’arabo sordamente.

Il greco fece tre passi indietro e alzò la mano verso di lui.

— Abd-el-Kerim! disse egli gravemente. Sta in guardia!...

— Notis!...

— Sta in guardia! È l’ultima mia parola!

Il fratello d’Elenka lo mirò per un minuto cogli occhi scintillanti, poi gli volse le spalle e s’internò in mezzo al campo di durah.