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Aveva già percorso più che mezza via, quando le orecchie dello scièk furono ferite dallo scalpitìo precipitato di un cavallo.
— Oh! esclamò egli, tirando, per ogni precauzione la scimitarra.
Si volse indietro ed al chiaror di un lampo scorse un cavaliere avvolto in un gran mantello bianco, curvo sul collo del suo corsiero, che andava avvicinandosi rapidamente.
— Notis! mormorò egli, coi denti stretti. Guarda!
— Chi è quell’uomo? chiese il greco, aggrottando le ciglia.
— Non lo conosci? È lo scièk Abù-el-Nèmr.
— Ira di Dio!... Dove va?
— A El-Obeid, non lo vedi?
Notis fece un salto innanzi e diresse la canna del moschetto verso il cavaliere che gli passava dinanzi a duecento passi di distanza.
— No, disse di poi, quell’uomo può esserci utile. El-Mactud, conduci Abd-el-Kerim nella capanna che tu bene conosci; io seguo lo scièk con Medinek.
— Sta bene, forse hai ragione di seguirlo. Parti se non vuoi perderlo di vista.
Il greco non se lo fece dire due volte e slanciossi dietro al cavaliere seguito dal negro Medinek. Dopo dieci minuti di corsa, Abù-el-Nèmr e quelli che lo seguivano giungevano dinanzi a El-Obeid, sulla cui porta faceva orribile mostra la testa diseccata del barone di Cettendorfs.
CAPITOLO VIII. — Notis in trappola.
El-Obeid, quartiere generale del Mahdi, è la città più bella, più popolosa e più fortificata del Kordofan, di cui è pure la capitale.
Essa sorge nel mezzo di una immensa pianura ondulata, ed è difesa da bastioni di terra e di mattoni cotti al sole, ma in gran parte ruinati in seguito ai ripetuti assalti che dovettero sostenere nell’ultimo assedio.