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canto. La faccia ritornò fredda, dura e il sarcastico e crudele sorriso riapparve sulle sue labbra.

— Sono pazzo, mormorò.

Tornò a sedersi sul garah mandando tuttavia un profondo sospiro.

— Abd-el-Kerim disse, con voce grave. Un giorno noi fummo amici, fummo come fratelli, poi fra noi sorse una donna fatale per entrambi, che scavò un abisso immensurabile... Non ti domando di chiudere questo abisso poichè so che sarebbe impossibile, ma ti prego di colmarlo per dieci soli minuti... e ti giuro che non ti pentirai di aver fatto ciò. Acconsenti tu? Te lo chiedo in nome dell’antica nostra amicizia

L’arabo scosse la testa e non rispose.

— Ti parlerò di Fathma... della donna fatale!

— Ah!... Fathma!... Fathma!... che ne sai tu di lei?... È viva?.. È morta?... Notis, parla e ti abbandono la mia vita.

— Parlerò dopo che tu mi avrai risposto.

— Interrogami che ho colmato l’abisso

— Abd-el-Kerim, ti scongiuro, dimmi che è avvenuto della mia povera sorella, dimmelo.

— Elenka! balbettò cupamente. Tu vuoi che io parli di Elenka! No, mai!

— È il fratello di Elenka che ti prega

— Non parlerò

— Abd-el-Kerim!...

— Mi vendico, Notis!

Il greco scattò in piedi con le gote vermiglie, gli occhi infiammati, le labbra frementi. Le sue mani si aprirono e si chiusero convulsivamente come volessero stritolare qualche cosa.

— Sta bene, disse, con accento minaccioso. Ti pentirai!

Girò tre o quattro volte su sè stesso, si spinse fino all’uscita dell’antro, poi ritornò bruscamente indietro tenendo in una mano una piccola ampolla di vetro.

— Abd-el-Kerim, disse con voce alterata, potrei farti morire lentamente fra le più atroci torture, po-