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aggrottata, lo sguardo cupo, le braccia incrociato sul petto, poi rialzando bruscamente la testa:
— Sai quale morte ti attende? chiese ad Abd-el-Kerim.
L’arabo, quantunque si aspettasse questa domanda, trasalì e fissò sul Mahdi due occhi atterriti.
— No, disse poi. Del resto, non la temo.
— Eppure tu sei giovane, bello e mi dissero anche che tu sei prode.
— Eppur desidero la morte, disse l’arabo con profonda tristezza.
— Perchè? che ti è accaduto per desiderare la morte? chiese Ahmed con sorpresa.
Abd-el-Kerim mandò un sospiro e portò ambe le mani al cuore.
— Ahmed, disse con voce cupa. Se tu avessi posseduto e amato una donna bella, divina, che ti idolatrava, e poi te l’avessero rapita e forse uccisa, ti rincrescerebbe il morire? Sai, Ahmed, ho perduto una donna che io adorava, una donna per la quale io avrei commesso dei delitti e compiuto dei miracoli. Che importa a me se mi uccidono, quando il vivere è un continuo tormento, un continuo martirio, un continuo delirio?
Ahmed indietreggiò emettendo un sospiro che parve un ruggito. Le vene del collo gli si gonfiarono prodigiosamente, quasicchè volessero scoppiare e la sua faccia, poc’anzi tranquilla, diventò burrascosa. Grosse goccie di sudore colavano dalla sua fronte rigandogli le sfregiate gote.
— Ah! Tu amavi una donna che di poi scomparve! esclamò egli con voce arrangolata. Sei anche tu infelice; ti compiango! Anch’io rimpiansi per lungo tempo una donna che io amai con tutte le forze dell’anima mia e che poi non rividi più.
S’arrestò anelante, commosso e nel medesimo tempo irritato, e si mise a passeggiare per la capanna colle braccia incrociate e la testa china sul petto.
— Come si chiamava quella donna? chiese l’arabo nella cui mente gli balenò un terribile sospetto.