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— L’ignoro. So che chiamasi Fathma e nulla di più. E perchè queste domande.
— Perchè sono innamorato cotto di quella bella danzatrice.
— Di già? Corri come un mahari dei più rapidi, disse l’arabo sforzandosi a far parer calma la sua voce che invece tremavagli.
— Sento qui, nel cuore, una fiamma che comincia ad ardere. È fiamma d’amore, e temo che prenderà fra non molto proporzioni gigantesche.
L’arabo alzò le spalle e cercò di sorridere, ma senza riuscirvi.
— Se non vi eri tu, ti giuro, Abd-el-Kerim, che avrei stampato sulle sue piccole labbra un gran bacio. Ma la ritroverò e sola.
Una fiamma balenò negli occhi di Abd-el-Kerim, ma una fiamma d’ira e di sdegno. La sua fronte s’increspò e le sue mani si posarono sui calci del revolver.
— Sta in guardia, Notis! diss’egli con accento cupo.
— Credi che io abbia paura di una donna?
— Chi sa! Potrebbe darsi che su quella donna brillasse una scimitarra!
Il greco rimase di stucco, guardandolo cogli occhi stravolti. Ma aveva udito parlare Abd-el-Kerim con quel tono cupo e minaccioso e in quel modo. Credette di aver compreso male.
— Una scimitarra, hai tu detto? chiese egli.
— Sì, e la scimitarra di un uomo che ha il braccio di ferro.
— Avrei forse un rivale? Abd-el-Kerim, tu sai qualche cosa e cerchi nascondermelo.
— Non so nulla.
— Tieni a mente che io amo di già Fathma come tu ami Elenka, e forse io l’amo più ancora di te.
— Zitto, Notis, non parliamone più. È tardi, e io ho sonno.
— Eh! per Allàh! Vorrai bene dirmi qualche cosa prima.
— Non mi caverai una parola di bocca nemmeno