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Il Mahdi battè tre volte le mani. Un iman entrò quasi subito portando un sacco legato.
— Sai cosa contiene questo sacco? chiese Ahmed all’arabo.
— No.
Ahmed aprì il sacco e tirò fuori una testa umana bruttata di sangue, priva degli occhi e seccata dall’ardente sole equatoriale.
Egli la mostrò ad Abd-el-Kerim che indietreggiò inorridito.
— La conosci questa testa? chiese Ahmed con accento feroce.
— No, balbettò l’arabo.
— È la testa di Hicks pascià1. Io ho distrutto nella foresta di Kasghill tutto l’esercito egiziano, mi capisci, arabo rinnegato, e ben pochi sono sfuggiti alla catastrofe e nessuno portò la terribile novella a Chartum. Io, l’inviato d’Allàh, Mohammed Ahmed, ho fulminato tutti i nemici che con incredibile audacia marciavano sulla città santa. Tutti andranno all’inferno: è la punizione di coloro che rimangono sordi alla voce del Signore.
— Ah! quanto sei terribile! mormorò Abd-el-Kerim che tremava ancora per l’emozione.
— È giustizia, rispose Ahmed ricollocando la testa nel sacco.
Poi volgendosi verso l’iman inginocchiato:
— Abù-Mogara, gli disse. Farai collocare tutte le teste dei visi bianchi sulle porte di El-Obeid, onde tutta la popolazione possa vederle.
L’iman uscì coll’orribile sacco sulle spalle. Nella capanna regnò per parecchi minuti un lugubre silenzio, poi il Mahdi, accennando all’arabo un angareb, gli disse:
— Siedi e narrami cosa si dice di me a Chartum.
- ↑ L’illustre missionario D. Luigi Bonomi mi assicurò che quella testa non apparteneva a Hicks pascià, ma al barone di Cettendorge, capitano di Stato Maggiore.