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A mezzanotte urla strazianti s’udirono a destra del quadrato di Hicks e poco dopo un’onda di soldati sfondava uno dei reggimenti precipitandosi all’impazzata verso i muli, i cammelli e cavalli.

O’Donovan arrestò uno di quegli uomini.

— Che succede? gli chiese.

— Il quadrato del colonnello Farquhard è stato distrutto.

— Maledizione! ruggì il reporter.

La situazione diventava spaventevole. I mahdisti, ebbri di sangue e di carneficina, raddoppiavano gli assalti, sfondando una dopo l’altra le linee di battaglia. Di quando in quando si udivano, mescolati agli scrosci delle folgori, al rombo dei cannoni e alle fucilate, le urla strazianti degli egiziani che venivano spietatamente macellati.

Alla una del mattino un altro quadrato veniva sfondato e poco dopo venivano respinti, aperti, spezzati, tagliuzzati gli altri tre.

Più non restava che il quadrato di Hicks pascià ma in quale stato! Non vi erano più ufficiali che si erano fatti ammazzare alla testa dei loro battaglioni; non vi erano più basci-bozuk, distrutti totalmente in due cariche tentate contro quel formidabile nemico; non vi erano più artiglieri, morti accanto ai loro pezzi smontati o scoppiati.

V’erano invece enormi ammassi d’uomini, di cavalli e di cammelli orrendamente scannati, dietro ai quali tiravano ancora i superstiti anneriti dal fumo, ubbriachi di polvere colle dita abbrustolite dalle canne dei remington diventate ardenti.

Alle quattro e pochi minuti, Fathma che distesa a terra sparava dove appariva confusamente il nemico, vide Hicks pascià che trovavasi solo, cinquanta passi più innanzi, portare le mani al volto, vacillare, abbandonare la sciabola e precipitare da cavallo.

— O’Donovan! gridò ella. Il pascià è caduto.

Il reporter e Omar, che si trovavano alcuni passi