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ancora quegli occhi che mi avevano vinto, che mi avevano domato, di riudire ancora quella voce che mi aveva giurato eterno amore nelle foreste del Bahr-el-Abiad, quella voce che mi faceva saltare il cuore in petto, che mi rapiva in estasi; aveva sperato di rivederlo ai miei piedi ebbro d’amore, di essere alla fine felice dopo tanti strazi... e non lo rivedrò invece più mai... Allàh, dammi la forza di resistere che io muoio!... Oh Dio! quanto sono infelice!

Ella nascose il volto fra le mani, si rovesciò all’indietro e pianse. Omar, che non riusciva a frenare egli pure le lagrime, la risollevò.

— Padrona, non disperarti così, non piangere. Tutto non è terminato ancora, diss’egli. Lo ritroveremo, te lo giuro, e più presto di quello che tu credi.

— Perchè illudermi, Omar? Non spero più; tutto è irremissibilmente perduto, tutto! tutto!

— Ma no, non è perduto, tutto padrona. Anzi potei raccogliere, ieri sera, alcune notizie su Abd-el Kerim, e posso assicurarti che non è morto.

Fathma scattò in piedi come una leonessa. Ella afferrò Omar per le braccia scuotendolo quasi con furore.

— Notizie di lui! di Abd-el-Kerim! esclamò ella con una voce che l’emozione strozzava. Omar!.... Omar!... non farmi morire dalla gioia, non farmi balenare una speranza che forse non esiste.

— Te lo giuro, padrona, io ho avuto notizie di lui.

— Dov’è? Dove l’hanno condotto?.... Dimmelo, Omar, dimmelo!

— È prigioniero dello sceicco Tell-Afab.

— Ah!... dove si trova questo sceicco?... Io voglio vederlo.

— È impossibile, padrona. Si è recato al sud a combattere contro alcune tribù che si sono ribellate al Mahdi; dopo ritornerà certamente a El Obeid.

— Ed è sano il mio Abd-el-Kerim?